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viii | prefazione. |
cominciò ad ingentilire il loro cuore, suscitando il bisogno della scienza. Le Corti d’amore e i trovatori ne sono un principio degno d’osservazione. L’amore nel medio evo diede una spinta alla società fino allora sconosciuta. Lo spirito del cristianesimo collegatosi alle tradizioni degli antichi Alemanni nella venerazione verso le donne, produsse un amore nuovo di forma e di principii. Non è più l’amore cieco e bendato degli antichi che si addormenti nel seno d’una Venere che non ha altra idea che la voluttà. È un amore che ci apprende l’umanità, il valore, l’eroismo e tutto quanto v’ha di bello e di sublime, e nella donna ci offre una cosa divina che muove all’omaggio ed alla venerazione trasportandoci passo passo fino all’idea dell’infinito. La sola Maria nobilita romanzescamente tutte le donne; una Venere non può essere che bella, mentre una Madonna è romantica, diceva un autore tedesco. Io senza entrare nella questione del classico e del romantico, dirò solo che il nuovo amore rivelò una grande perfezione — l’impero che la donna esercita sulla natura fino ad essere la mediatrice fra l’uomo e Dio, mediazione che è pressochè sinonimo di provvidenza.
Il Guerino ha tutto per cui possa convenientemente appellarsi il romanzo storico del medio evo. I costumi, ingenuità e fervore di fede, lealtà, ardire, ambizione, omaggio e difesa delle donne, finalmente amore agli avvenimenti straordinari e smania di segnalarsi con atti prodigiosi, tutto ciò insomma che concorre a stabilire il carattere di quei cavalieri sono mirabilmente ritratti, insieme all’ostinazione, alla durezza e all’ignoranza. E ti spiegano nella forma come nei principj la storia progressiva di una novella rigenerazione, sortita dai bisogni impellenti del cristianesimo. La spada del cavaliere era tanto forte allora quanto molti secoli dopo fu potente la penna del filosofo.
Tutto ciò basterebbe perchè il Guerino fosse tenuto nel conto in cui si debbono avere tutti i libri che riguardano la storia dei tempi, senza che fosse d’uopo ricorrere ad altre ragioni per renderlo accetto all’occhio degli schifiltosi. Alcuni dissero e provarono che Dante vi attinse in parte l’idea della sua Divina Commedia. So che immagini del volgo e non inventate da Dante erano le bolgie infernali e le varie maniere dei supplizj che in esse provano i condannati, e che più che qualunque libro avea davanti agli occhi le credenze del popolo d’allora, ove attignere le idee e gran parte delle sue creazioni; ma chi sa che non siasi anche dato a percorrere tutto ciò che di più strano e di più maraviglioso si scriveva nei romanzi e rappresentavasi sui teatri, per formarne poi quell'insieme che dovea riuscire sì perfetto e sì grande? Troviamo nel Guerino, fra le altre cose il Pozzo di san Patrizio, che può benissimo aver somministrato a Dante un’idea almeno dell’Inferno. — Quando Guerino giugne in Irlanda, passa di là