Pagina:Andrea da Barberino - Guerino detto il Meschino, 1841.djvu/237

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capitolo xviii. 177

in mezzo al fiume che si chiama Atacia, che circondava quaranta miglia di là, e giunsero alla città detta Artasia.

Avendo preso il cammino verso la città di Polismagna, trovò una quantità d’armati, i quali molto a loro ponevano mente. Il Meschino se ne avvide, e disse ai compagni: «Questi hanno voglia di metterci le mani addosso, e sono stati mandati qui per pigliarci». Però non andò nella città, ma stette di fuora per fuggir la loro prava volontà e questione; ma poco gli valse, che altrettanti lo giunsero, e accompagnaronsi con loro, dicendo che andavano a Polismagna per dritto e giusto re, che manteneva ragione, giustizia, ed era uomo vecchio e cortese, e aveva nome questo re Polinadoro. Albergò due notti per la via; una notte sopra l’isola, e l’altra oltra il Nilo; e questi non ebbero ardire d’assalirli. L’animo del Meschino era, s’ei si movevano, di provarsi con loro ed ucciderli tutti. L’altro dì giunsero alla città, grande e bella, nella quale era gran popolo di Saraceni e piena di molte parti intorno, per una via molto lunga, tutta piena di alberghi. Montarono ad un albergo: allora si partirono da loro quelli armati, e poco stette, che tre cavalieri vennero all’albergo dov’era il Meschino, co’ suoi compagni, e dissero al Meschino: «L’usanza del nostro re si è, che quando viene in questa città alcun gentiluomo forastiero, vuol ch’ei vada a smontare alla corte, e così vi manda a dire che vi piaccia venire ad alloggiare al palazzo regale, perchè gli è stato detto della vostra venuta». Rispose il Meschino: «Questa usanza io non la voglio guastare», e rimontarono a cavallo, e andarono alla corte, e furono accettati graziosamente, e fugli fatto grande onore, ed egli non s’avvedeva della fraudolenza, e che l’onor gli era fatto per inganno. Il re Polinadoro gli fece dare una ricca camera, e mandogli un ricco vestimento, e quando fu dinanzi a lui gli fece buon viso, e dimandogli s’egli era cristiano, perchè Guerino mostrò le lettere del prete Janni, e dissegli la guerra dei Cinamoni. Era ora di cena, e volle ch’ei cenasse alla sua tavola, e le sue guide a riscontro, facendo a tutti grand’onore.

Quando ebbero cenato, il Guerino cogli altri andava molto per la sala in giù ed in su; egli aveva la spada a lato e l’u-