Pagina:Andrea da Barberino - Guerino detto il Meschino, 1841.djvu/329

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capitolo xxviii. 249

ai sette peccati mortali, ringraziò Iddio, e pregollo che gli desse grazia ch’egli uscisse sano dell’anima e del corpo di quel luogo, e di ritrovare il padre e la madre sua. Non è dubbio che in quella settimana fu molto tentato di lussuria con tutti i modi e astuzie che seppero fare, ma ei si raccomandò sempre a Gesù Cristo Nazareno, e Gesù Cristo lo aiutava. Ogni mattina diceva i sette Salmi Penitenziali e molte altre orazioni, e con questa fatica passò questa settimana, tanto ch’ei li vide tramutare un’altra volta nella figura ch’erano prima, e quando furono tornati in loro, egli pregò la Fata per quella virtù in cui più sperava, che gli dicesse chi era suo padre e sua madre che costei sapeva. Ma essa lo richiese di lussuria volendolo sapere, ed esso tacque e non rispose; quella si adirò in modo che tutto quell’anno passò che da lei non ebbe più altra risposta. Mancando solo tre giorni a finir l’anno, le Fate tutte erano tramutate in vermi secondo facevano per lo avanti; e non sapendo come potesse fare a sapere chi era il padre suo, e pensando come aveva perduto così un anno, molto si contristò, e deliberò di pregare da capo la Fata, e se essa non glielo volesse dire, di pregarla e scongiurarla. Onde com’ella fu tornata nel suo essere, andò da lei, e in questa forma le parlò: — O sapientissima Fata, io ti prego per la tua virtù che ti sia in piacere di dirmi chi sono i miei antichi, cioè mio padre e mia madre, acciocchè io non abbia fatto tanta fatica indarno». Ella rispose: — A me rincresce di quello ch’io t’ho detto, ch’essendo nato di gentile lignaggio, tu sia tanto villano cavaliero». Quando Guerino intese la risposta, restò del tutto turbato, e con ira le disse: — Per quella virtù che solevano avere le foglie, che tu volevi mettere in su l’altre che stavano ferme, mostrando vera la tua profezia, e non curando il soffiar del vento, ti prego che m’insegni il padre e la madre mia». E la Fata se ne fece beffe, e disse: — Il duca Enea troiano fu più gentile di te, e lo condussi per tutto l’inferno, e gli mostrai il suo padre Anchise, e que’ gentili romani che da lui dovevano nascere, profetizzando la fondazione di Roma, e cavando Anchise a salvamento dall’inferno, e, come già disse Carmenta madre del re Evandro, parlando di Ercole, tu pure ci hai da stare ancora tre giorni, e se ci