Pagina:Andrea da Barberino - Guerino detto il Meschino, 1841.djvu/54

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Assediata la città di Costantinopoli, il Meschino in quella gran paura si allegrava sperando mostrar la sua possanza in armi, e di vendicare a questo modo gli oltraggi della sua maligna fortuna. E mentre la città era in questa paura per l’imperio che era in tanto pericolo, un giorno andò il Meschino a servir innanzi Elisena, la quale stava molta dolorosa. Egli all’incontro ridevasene come colui che si sentiva di tanto valore da rompere la fronte orgogliosa ai Turchi. Per questo Elisena adirata contro il Meschino, disse: «Per certo tu dèi esser Turco; non ti vergogni, nè ti curi del nostro male, schiavo che tu sei? Che se no, e se tu sei poltrone davvero, togliti a me dinanzi». Per queste parole il Meschino si turbò molto forte, e senza nulla rispondere, si tolse subito dinanzi a lei, e si pensò di voler partire. Poi disse fra sè medesimo: «Quanto mi sarebbe di vergogna abbandonare il mio signore in questa necessità? massime per Alessandro, il quale mi ha fatto franco! Ora mi voglio rendere il merito di quello che egli mi ha fatto»; così egli fermò a non partire, e di non abbandonare mai Alessandro, cui egli molto amava, deliberando ancora di non ar-

    nopoli, prende la città di Seres, e soggioga il despota della Servia e l’Albania. Bajazet Primo sparge il terrore lungo il Danubio, ed occupa tutta la Valachia. Invano gli s’oppone Sigismondo re d’Ungheria con centomila armati: Bajazet ha proclamato l’esterminio dei miscredenti, e trionfa. Si succedono l’uno all’altro Solimano e Moussa, ma toccava al primo Maometto di vedersi a’ piedi domandando perdono, e supplicando protezione principi e re; ed al secondo Amurat di godere coll’insolenza del più forte alla vista di Costantino Paleologo, che ginocchione davanti a lui domanda l’assenso al trono. La sconfitta degli Ungaresi e del prode Unniade lo confortò nell’ultim’ora dell’esistenza. Ecco ora sul trono Maometto II. Costantino si lamenta della fortezza che egli fa innalzare sullo stretto dei Dardanelli, ma il Turco non sente, le voci dell’imperatore sono soffocate fra le lancie dei giannizzeri che lo straziano vivo, e là dove dispiegavasi all’aria trionfalmente il Labaro, sorge ora la mezzaluna.... Maometto II entrò in Santa Sofia nel 29 maggio del 1453. — Tutte queste imprese di una nazione indurita nel mestier della guerra, ma che pure aveva dolcezze e piaceri, lettere ed arti, incivilimento e virtù, non avranno suscitato in quel secolo tanto entusiasmo da volerne chi parlare o chi scrivere? Come quindi ricercare la ragione in tanta confusione di nomi, di fatti e di azioni singolarmente? Il popolo del medio evo si creò anch’esso la sua mitologia, improntata del vero carattere del tempo. I romanzieri poi non fecero che tradurla in iscritto. Ma non è l’individuo, non è un semplice fatto circoscritto a luogo e tempo che per essi si possa e si debba riconoscere; è la storia di un’epoca, la storia di una nazione personificata talvolta in un nome finto o reale, o sotto finti aspetti considerato, che si può apprendere da ciascuno di essi insieme a molte cognizioni e molte nuove e sicure verità intorno all’umano incivilimento.