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ROMA 51

lievo, dove si svolgeva la cerimonia dell’inaugurazione dell’ara: i sacerdoti, i patrizi, i senatori, i cavalieri, il popolo che dal tempio della dea Pale scendeva allo steccato del Campo Marzio dove sarebbe dovuto sorgere il grande altare della Pace. Ognuna di quelle figure rappresenta un individuo che noi abbiamo conosciuto nelle pagine di Svetonio o di Tacito, nelle odi di Orazio o nelle ecloghe di Virgilio. È la ricostruzione — o per essere più esatti — la rievocazione di quell’epoca gloriosa che aveva avuto i più grandi artisti della storia romana e aveva udito i suoi più grandi poeti cantare dietro il suggerimento della grandezza presente le imprese e i trionfi del passato!

L’attività edilizia dell’imperatore era dunque stata notevole: altrettanto doveva esserla quella dei suoi famigliari o dei suoi amici che dietro il suo esempio preparavano con edifici sontuosi la nuova metropoli del mondo, tra questi vanno ricordati Ottavia, sorella amatissima di Augusto e moglie tenacemente e virtuosamente fedele di Antonio, che non seppe approfittare di quella sua appassionata divozione e la respinse quando più utile ne sarebbe stato l’aiuto: e Balbo e Marcello edificatori di teatri meravigliosi e Mecenate che fu forse il consigliere definitivo per l’accentramento dei poteri pubblici in mano dell’imperatore e che in seguito giovò a fargli accogliere i più illustri intelletti del suo tempo e finalmente Marco Agrippa, la cui vita preclara e la cui rettitudine un poco sdegnosa non doveva salvarlo dalla tempesta di sangue che Tiberio seppe scatenare su Roma atterrita. ara pacis augustae — disegno di g. durm.