Pagina:Annalena Bilsini, di Grazia Deledda, Milano, 1927.djvu/47

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stra infame prigione, e tenendosi nascosta dietro di questo, non ci lasciò andar via quatti quatti come pecore tosate. Una pecora tosata mi parve infatti il mio rivale, quando per strada si tolse la maschera ed il mantello. Era il mio amico, il mercante di scope. Soffiandosi sulle dita, egli disse solo queste parole!

— E dire che il pollo e la bottiglia li avevo portati io!


Qui cominciarono i commenti, e persino i bambini ci misero il becco.

— Ma perchè il povero Martino non vi voleva a mangiare con lui? — domandò il più grandetto; e poichè nessuno gli rispondeva, intenti tutti a discutere fra di loro, ripetè più forte la domanda, con insistenza, finchè la nonna non gli rispose!

— Perchè voleva mangiarsi tutto lui.

Lo smorto faceva considerazioni scettiche, mettendo in dubbio anche l’autenticità del fatto; cosa che rincrudì nello zio Dionisio l’amarezza del ricordo. Osca cercò di mettere a posto il fratello!

— A te, certo, queste avventure non pos-