Pagina:Annali d'Italia, Vol. 1.djvu/352

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e gli gittarono de’ sassi. Perdè allora la pazienza Giuliano, ed ordinò ai soldati di guardia di ammazzare i più vicini. Il che fatto, il popolo più che mai andò caricando di villanie lui, ma più i soldati. Indi corse a pigliar l’armi, e si ridusse nel circo, dove si fermò tutta la notte senza prender cibo, e nè pure un sorso d’acqua, facendo intanto istanza, che si chiamasse a Roma Pescennio Negro, governator di Soria, colle sue legioni. Nel dì seguente deposte l’armi, se ne tornarono alle lor case, e cessò la tempesta. Ora se il senato, se il popolo romano non sapea sofferire un imperadore, per via sì ignominiosa portato al trono, aveano ben ragione. Questo funestissimo esempio insegnò a tanti altri indegni e tiranni di occupar da lì innanzi l’augusto soglio di Roma; aprì la porta ad infinite guerre civili, che andremo raccontando, e fu infine la rovina dell’imperio romano, col prevalere i Barbari, e soperchiare il corpo, che a poco a poco si andò disciogliendo, della romana repubblica. Nè si vergognò Giuliano di prendere tutti i titoli più onorevoli degli altri imperadori; fece anche dar quello di Augusta a Mallia Scantilla sua moglie e a Didia Clara sua figliuola, maritata con Cornelio Repentino, a cui conferì la prefettura di Roma. Per attestato di Erodiano1558 con tutto il votare de’ suoi scrigni, e col ricorrere allo smunto erario imperiale, non trovò tanto da pagare tutto il promesso regalo ai pretoriani, i quali perciò rimasero disgustati di lui: laddove Sparziano1559 slargando la bocca, scrive che avea promesso a cadauno venticinquemila nummi, e ne pagò trentamila. Non si sa ch’egli fosse crudele; le finezze e carezze che facea a tutti erano incredibili; ma specialmente le praticava coi senatori, che vi trovavano dell’affettazione. I conviti suoi furono frequenti; le tavole superbamente imbandite; ma il cuore de’ grandi e del popolo era sempre lo stesso. Tre principali eserciti si contavano allora nel romano imperio comandati da tre insigni generali. Quello dell’Illirico e della Pannonia ubbidiva a Lucio Settimio Severo: quello della Bretagna a Decimo Clodio Albino: e quello della Soria, il governo della qual provincia era in que’ tempi il più riguardevole di tutti, a Cajo Pescennio Negro. Perchè a Pescennio arrivò ben tosto l’avviso di essere chiamato in aiuto del popolo romano, altro non occorse, perchè egli si facesse proclamar Imperadore dal suo esercito, e dal numerosissimo popolo della città di Antiochia. Ma Settimio Severo, verisimilmente mosso con segrete lettere da qualche senatore, che lui considerava miglior testa, che gli altri due, oltre all’esser egli più vicino, e all’aver più forze al suo comando, nè pur egli tardò ad assumere il titolo d’Imperatore Augusto in Carnunto città della Pannonia. Per non aver poi da contendere con due avversarii nel medesimo tempo, prese il partito di guadagnar Albino, dichiarandolo Cesare, con una specie di adozione: trappola, che a lui ben servì, perchè Albino ricevute le lettere di Severo, le quali non si poteano scrivere più tenere da un padre ad un figliuolo, non pensò più a far novità e movimento alcuno. Secondo alcuni autori sembra che tale risoluzion di Severo verso Albino succedesse più tardi. Dione1560 attesta, che si videro in questi tempi tre stelle intorno al sole, cospicuo a tutti, ed egli stesso chiaramente le osservò, o ne fu formato un cattivo presagio agli affari di Giuliano. Intanto tutte le città dell’Illirico sino a Bisanzio (cioè sino ad una città che avea riconosciuto Pescennio Negro) e le Gallie, e la Germania romana, si dichiararono per Settimio Severo; laonde egli senza perdere tempo si mosse coll’armata sua, per venire a dirittura a Roma, da dove prima di prendere la porpora imperiale,