Pagina:Annali d'Italia, Vol. 1.djvu/559

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Antiochia e Seleucia furono condannati a morte senza forma di processo e senza concedere loro le difese. Questo atto di detestabil crudeltà rendè sì odioso per tutta la Soria il nome di Diocleziano, che anche novanta anni dappoi, cioè ai tempi di Libanio, il cui avolo paterno fra gli altri perdè allora la vita, con orrore si pronunziava il suo nome. Abbiamo poi da Lattanzio2861 che Diocleziano si portò a Roma in quest’anno per celebrarvi i vicennali, che cadevano nel dì 20 di novembre. Hanno disputato intorno a questo passo il padre Pagi2862, il Tillemont2863 ed altri, cercando quai vicennali si debbano qui intendere, e come cadessero questi in quel giorno. Non entrerò io in sì fatti litigii, e solamente dirò che oggidì son d’accordo i letterati in credere celebrato in quest’anno, e non già nel precedente, come porta il testo della Cronica di Eusebio2864, il trionfo romano d’esso Diocleziano, al quale, per attestato d’un antico panegirista2865, intervenne anche Massimiano Augusto, siccome partecipe delle vittorie2866 fin qui riportate contro ai nemici del romano imperio. Con ciò che abbiam detto di sopra all’anno 297 della pace seguita col re di Persia, secondo la riguardevol autorità di Pietro Patrizio2867, pare che s’accordi ciò che lasciarono scritto il suddetto Eusebio ed Eutropio2868: cioè che davanti al cocchio trionfale furono condotte le mogli, le sorelle o i figliuoli di Narse re di Persia, i quali già dicemmo restituiti molto prima. Si può verisimilmente credere che solamente in figura, ma non già in verità, comparissero in quel trionfo le principesse e i principi suddetti. Parla ancora Eutropio di sontuosi conviti dati in questa occasione da Diocleziano, ma non già di solenni giuochi, siccome costumarono i precedenti Augusti; perchè egli, studiando il più che potea, il risparmio, si rideva di Caro e d’altri suoi predecessori, che, secondo lui, scialacquavano il danaro nella vanità di quegli spettacoli2869. Uscirono perciò contra di lui varie pasquinate in Roma; e non potendo egli sofferire cotanta libertà ed insolenza, giudicò meglio di ritirarsi da Roma, e di andarsene a Ravenna verso il fine dell’anno, senza voler aspettare il primo dì dell’anno seguente, in cui egli dovea entrar console per la nona volta. Ma essendo la stagione assai scomoda a cagion del freddo e delle pioggie, egli contrasse nel viaggio2870 delle febbri, leggiere sì, ma nondimeno costanti, che l’obbligarono sempre ad andare in lettiga. I cristiani, allora vessati in ogni parte, cominciarono a conoscere la mano di Dio contra di questo lor persecutore. Dissi in ogni parte; ma se n’ha da eccettuare il paese governato da Costanzo Cesare, cioè la Gallia; imperciocchè, per attestato di Lattanzio2871, essendo quel principe amorevolissimo verso i cristiani, ed estimatore delle lor virtù, volle bensì, per non comparir discorde da Diocleziano capo dell’imperio, che fossero atterrate le lor chiese, ma che niun danno o molestia venisse inferita alle persone. Anzi, se dice vero Eusebio2872, furono anche salve le chiese nel paese di sua giurisdizione; o se pur ne furono distrutte alcune, ciò provenne dal furor dei pagani, ma non da comandamento alcuno di Costanzo. Come poi si dica che non mancassero anche alla Gallia i suoi martiri, bollendo la persecuzione suddetta, è da vedere il padre Pagi all’anno presente. Abbiamo poi dal sopra citato Lattanzio2873 che nel tempo dei vicennali una nazion di Barbari, cacciata dai Goti, si rifugiò sotto l’ali di Massimiano Augusto,