di armati prese tosto il cammino verso la città ribellata. Il Bellenzano, che ben sapeva essere Enrico affatto ignaro della secreta intelligenza col duca e conte del Tirolo, temendo per sè e per la sua patria, ragunò il popolo a parlamento e lo animò alla difesa. Si venne a un combattimento presso la porta di S. Martino; ma gli insorti ebbero dopo qualche ora la peggio e furono rincacciati nell’interno della città, che Enrico di Rottenburgo comandò fosse messa a sacco ed a fuoco. Il Bellenzano, fatto prigione, venne decapitato nella medesima piazza in cui poc’anzi avea fatto decollare i due giovani paggi del vescovo; il quale fu tosto rimesso in libertà. In memoria poi del supplizio del Bellenzano fu coniata una medaglia; e lo stesso supplizio rappresentato in pittura al fresco sull’antica facciata del palazzo municipale1. Breve però fu la pace che il nostro vescovo godette, dopo gli insulti sofferti; perchè Federico, conte del Tirolo, sdegnato che una città sua amica e alleata fosse stata ostilmente oppressa e data in preda al saccheggio e alle fiamme, si mosse ben presto con un esercito verso Trento, che gli aperse le porte e si raccomandò alla sua protezione. Egli ob-
- ↑ Della medaglia, accennata dal nostro Annalista, esiste un esemplare nel Museo Trentino; e dell’affresco la sola testa del Bellenzano, segata dal muro e conservata nel suddetto Museo. Ma della vera relazione della medaglia, descritta dal Gentilotti, dal Giovanelli, e dal Gazzoletti, col nostro Bellenzano, promotore della rivolta, si può tuttavia dubitare. Vedi in proposito gli autori sopra citati, e il chiar. Emanuele Cicogna nella sua grand’opera delle Iscrizioni Veneziane.