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Libro Settimo. 159

troppo innestato ne’ Capitani, e Combatenti. Il guerregiare con gli proprij gli par cosa iniqua, & ancorche si potesse, & bisognasse sapeva, che gli Cittadini non haverebbon potuto tolerare l’impeto furioso de Soldati, che perciò non aspettava applicatosi à qual si voglia partito, che rovine, & calamità.

Prevedeva, che gli inimici con repentina furia, rotte le mura del Castello della Pietra, haverebbon assaliti gli Trentini, già per la civil discordia debilitati, & consumati, con evidente pericolo della total destrutione della Città. Tentò con elegante oratione (in cui era assai potente) & efficaci raggioni placare, & indolcire gli animi de Soldati. Dimostrò parimente in secreto à Cittadini l’insidie de Thedeschi, quanto haveva determinato, cosa speravan, esortandogli, se ne stasser con gli occhi aperti, e in sù l’aviso, non altrimenti che se gionto fosse l’ultimo giorno della lor vita, e l’estremo precipizio della lor Republica. Soggiongeva, che esso non havrebbe mancato mai di tentare secondo ogni il di lui sapere, & potere, qual si voglia modo, & artificio, per ritrar gli animi de Soldati da si infame machinatione. Che poi conoscendo desperato il caso della propria salute, dovendo in ogni modo morire, & andar in esterminio, esser necessario ad ogni conditione di persone prender l’armi. Li esortava ad esser huomini constanti, & ad impiegar ogni lor virtù, per rigettare le offese, che gli venivano contra ogni raggione fatte, e per diffendere con l’armi in mano la Republica, gli figlioli, parenti, moglie, & se medemi.

Non dubitassero, che sotto gl’auspicij & protettione di San Vigilio havrebbon rotti, & uccisi gli domestici nemici, mandati da Cesare in aiuto, non acciò destrugessero, ma soccoressero una Città fidelissima; Gli Trentini ancorche sapessero doversi temere, giudicavano ad ogni modo esser al tutto disdicevole il perdersi d’animo, sotto la prudenza di Giorgio Prencipe, qual sapevano, con la destrezza havrebbe posto ordine, & ripiego alla Pazzia de Soldati.

Già era giunto il giorno infausto: si sentono gli segni, conforme l’appuntato, di tamburi, & trombe rimbombanti per tutta la Città. Gli Cittadini credevano esser gionto il giorno, & hora, in cui la Città dovesse per la sceleragine, & crudeltà de soldati esser distrutta, perloche d’ogni parte numerosi, & intrepidi senza tardare, s’adunano gli armati in tal guisa che empiono la piazza; gli altri poi di minor forze accorono, à serar le porte, l’assicurano con grossi Catenazzi, le puntano con travi, mettendogli anco buoni