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Pagina:Annali overo Croniche di Trento.djvu/264

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Libro Decimo. 237

A voi alti, & ornatissimi ingegni, che per la gran copia, abbondanza, & facondia singolare di dire havete presso questi ingenui Prencipi, congregati per elegere l’Imperatore, con la vostra grave, & ornata eloquenza saviamente rengato. Considerate cosa habbi apportato il valore, vigore, & virtù giovinile nelle cose quasi disperate, quanta gloria nell’esercitar le bataglie habbi à se, ed alla propria aquistata. Chi vendicò ne tempi passati la morte de Scipioni in Spagna? Non gli Capitani vecchi, che erano d’età più matura, ma l’animoso giovine di Lucio Martio, dichiarato Capitano con voti publici di tutto l’Esercito, questo di giorno, & notte radunati dalla fuga gli Soldati, sotto la sua condotta, & commando, superò con la total lor destrutione gli due Eserciti Cartaginesi. Chi ricuperò al popolo Romano le perse Spagne? huomini d’età maturi, & gravi, che pur molti se ne ritrovavano? Non certo, ma un Pubblio Scipione d’anni 24. Essendo gli affarri della Republica Romana à si mal partito condotti che si tenevan gli loro interessi disperati, & irreparabili. Stando la Città frà gli pianti tutta afflitta, fù commessa la somma dell’Imperio ad un Scipione, qual solo frà tanti hebbe cuore dar in nota il suo nome, & accetar una tal carica, questo stesso fù mandato in Africa, superò Annibale, e scompigliati, & rovinati gli squadroni nemici, guadagnò Cartagine à Romani, rendendoglila tributaria.

Non havete letto cosa ci fù lasciato à perpetua memoria di Tito Manlio? qual essendo in absenza del Padre provocato da Latini, valorosa, & felicemente combatè, & rotto l’inimico, riportò vitorioso gli equestri spogli nell’Esercito Romano. Voi che l’antiche Historie havete letto, saprete benissimo, come Alessandro Macedone dal giovenil ardore inalzato all’immortalità, in poco spatio di tempo soggiogò al suo commando tutte le nationi d’Oriente. Sono infiniti simili esempij. Questi pochi addotti giudico bastevoli per convincere, che sia stata sempre più in preggio la gratia, & stima delli huomini, che la consideratione d'un'età matura & in maggior stima una eggreggia, & generosa indole di giovani, che la moltiplicità delli anni. La virtù in chi si sij da per sè sempre lampeggia ne pericoli. Si che non devesi tanto haver riguardo alla sol auttorità d’eminenti personaggi, quanto alla cummune salute della Religione Christiana, & alli pericoli soprastanti.

Per tanto prudentissimi Prencipi, instrutti dalli esempij de vostri maggiori, parimente dovrete havere più à cuore, massime in questa contingenza, il ben universale, che l’auttorità de particolari, sete tenuti seguir quella, non curar questa; diffendere le vostre raggioni, & antichi privilegij. Considerare la prima, & seconda volta, cosa sij più espediente. Io lo dico publicamente, concorro con Carlo. E giovine tale, e di tanti meriti, che in lui solo stà riposta l’unica speranza del buon governo dell’Imperio,