Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
Libro Decimoquarto. | 387 |
Apparivano, o per dir meglio, pareva fossero dalla terra vomitate, in tempo di notte, diverse figure, ed effigie di solfo, à cui attacato il fuoco, facevano biancheggiare tutte le cime de Monti. Solo gli inventori, e partecipi di si mirabili artificij haverebbon potuto credere, che tutte le imboscate cime de Monti, assieme con la Città, non ardessero da fuochi celesti infestata. Furon tutti questi spettacoli dilettevoli, ma l’ultimo che si rappresentò ne portò la palma, e fù osservato con mirabil piacere d’ogn’uno.
[Città di Somoda e di Gomora.] Erano nella Piazza, sotto il Castello, gli due Castelli di Giudea, fabricati con mirabil artificio, l’uno de quali si chiamava Gomorra, l’altro Sodoma, colà di lontano, per certe machine fatte, parve spicarsi il fuoco dal Cielo, e senza che niun s’accorgesse intromesso in un baleno, occupò tetti, e mura, per tutto scorgevasi timore, paura, e gridi, discorevano è travagliavano gli Cittadini per salvarsi, altri uscivan dalle Porte, altri si precipitavano dalle mura, si sentivano le ruine, & il romoreggiare delli solari, uscivano per l’ombre le spaventevoli fiame, di modo, che quelle lorde Città, come che tocca da saeta, ò fulmine restarono abbruggiate, & in breve tempo arse, furon ridotte in ceneri.
Piacque assai cotal spetacolo alli Alemani. Questi furon gli incendij di Trento, che dinotavano le presenti allegrezze, ma prenuncij di maggior felicità, quali, mentre con attentione si ammiravano, sentivano ribombare le Artegliarie, disposte per le Mura della Città; che mandando fuori le balle di pietra, o ferro, come se partorissero, rottavano per l’aria con gran tuono gli parti conceputi, e poscia scaricati, di modo che si sentiva l’aere agitatto fischiare, & le valli percosse raddoppiare il suono.
Tutti quelli giorni, che le Real Maestà in Trento dimorano, appresso il Trentino, risonavano gli coperti con frequenti titi di bombarde, per honorare la Maestà di quelli hospiti, e massime la notte si udivano raddopiati. [Nozze di Orsola Clesia iposata à Lodovico Conte di Lodrone.] Mentre con le sudette inventiva, & sbarri s’honorava la venuta Reggia, sù contratto matrimonio frà Orsola, sorella d’Aliprando Clesio, e Lodovico, Conte di Lodrone, gli 10. d’Ottobre, giorno di Dominica, & ad instanza del Re furon subito celebrate le nozze, questo solo mancando ad ultimare gli piaceri de convitatti. Sarebbon quelle state celebri, & memorabili dalla sol antica schiata d’ambi gli Sposi, e dalli superbi apparati, con ogni diligenza, e pontualità fatti per honorarle. Si resero però più famose, e degne della presenza delle persone Reggie: è non più soggete ad oblivione.