Pagina:Anonimo - Azioni egregie operate in guerra.pdf/111

Da Wikisource.

e di Soldati Italiani. 103

passar il Necher, dovettero tragittarlo a nuoto con in groppa un Fante per cavallo. I Francesi non furono in sicuro; finchè dopo una corsa di ottanta, e più miglia non arrivarono sotto il Cannone di Filisburg. Quivi accampati tra le paludi, sparse su quelle vicinanze, si resero inaccessibili. Allora l’Arciduca, e il Galasso si rivolsero, a ricuperare le piazze, tenute da’ Nemici. S’impadronirono di Vimpsen, Marghental, Dunchelsping. Lo stesso fecero di Norlinga, e di tutti i luoghi forti del Necher sino al Danubio; con che le perdite, fatte in avanti, furono ricuperate da’ Cesarei. I Bavaresi ottennero pingui Quartieri, ne’ quali ebbero agio di ristorarsi, ed arricchirsi per tutta la vernata. L’Arciduca passò ad abboccarsi coll’Elettor di Baviera in Monaco. Gli promise ogni assistenza per la difesa de’ di lui Stati. L’assicurò, che a primo tempo sarebbe venuto a congiungersi colle truppe Bavare, conducendo seco il nervo maggiore de’ proprj Soldati.

Il Galasso si rese glorioso anche questa Campagna, per aver resi inutili i maggiori attentati degli Svezzesi contra la Moravia, e la Boemia, respinti i Francesi, e i Vaimaresi sul Reno, tolte loro tante piazze, ristabiliti gli eserciti Austriaci, e ricondotti gli affari di Cesare in positura, da promettersene fortune sempre migliori in avvenire. Defaticato, e mal concio per molti incomodi sofferti, richiese da Sua Maestà nuovo congedo, per attendere alla quiete nella patria di Trento. Addusse le proprie indisposizioni, le quali andavano crescendo, e a lui difficoltavano, il poter operare con quella attività indefessa di corpo, che ricerca indispensabilmente il comando d’un’Armata. Si contentò Cesare, che non uscisse in Campagna; ma per niun modo volle permettere, che s’allontanasse dalla Corte. Contra sua volontà dovette trattenersi per assistere al Consiglio di Stato, e di guerra. Noi vedremo da qui a poco, ricadere gl’interessi di Cesare in iscabrose contingenze; perlochè il Galasso fu pressato di bel nuovo, a ripigliare il governo dell’Armata Imperiale. Questo Cavaliere fu degno di gran lode; poichè fu sempre pronto a deporre il comando, quando la prudenza dettava a lui di rinunciarlo. Ma non mai fece il restio, o il pretendente, quando le istanze dell’Augusto Signore lo chiamavano a riassumerlo. Non mostrò senso nel rimanerne privo. Nè vantò giubilo, quando tutti i Consiglieri di Corte, ed anco i meno affetti a lui, confessarono la necessità di richiamarlo, e di confidargli di bel nuovo gli eserciti Austriaci. Tutti dovettero convenire, che la di lui prudenza, ed egregie doti politiche, e militari erano state sempre il riparo degli altrui falli, la salvezza delle Armate Imperiali, e la riputazione delle armi Cesaree.