Pagina:Anonimo - Azioni egregie operate in guerra.pdf/115

Da Wikisource.

e di Soldati Italiani. 107

parevano ormai disperati, e quando l’inimico si lusingava talvolta, d’aver già in pugno la vittoria, rimaneva tosto deluso. Penetrava i di lui disegni. Antivedeva le di lui insidie, lo tratteneva, lo stancava; e quando meno se l’aspettava, allora lo assaliva. Ebbe a fronte eccellenti Capitani, confessati per tali da tutte le Istorie, come il Duca Bernardo di Vaimar, il Banner, il Tosterdon, che lo esperimentarono niente inferiore a loro in tutti i pregi di buon guerriero, e di egregio conduttore di eserciti. Patì bene spesso un disavvantaggio, a cui essi non soggiacquero, cioè mancanza di denaro da somministrare a’ proprj soldati; quando sopra de’ loro Svezzesi, ed Alleati Alemanni pioveva l’oro da più parti, e massime dalla Francia. Entrati i Generali, e gli Ufficiali Svezzesi in Alemagna, scarsi di denaro poi ricchissimi, e carichi di gran dovizie ritornavano alla patria. Fu maraviglia, che tante volte esso Galasso potesse mantenere fedeli, ed ubbidienti le proprie soldatesche senza soldo, e con iscarsezza di viveri. Conosceva il modo di farsi amare, e con questo si guadagnava la benevolenza altrui. Per i proprj soldati avrebbe impegnato sè stesso, non che profuse le proprie sostanze, per ischermirli dalla fame, e da’ patimenti. La sua Casa era aperta a tutti; ed ogni fantaccino veniva accolto a mensa. Mai si lasciò spaventare da’ rigori del freddo, mai dall’eccesso del caldo, nè da alcuna incomodità. A niuna fatica cedeva, non al sonno, non a’ dolori acuti di Podagra. Voleva trovarsi presente a tutto, per esser con sicurezza istruito di tutto. Da un cavallo si faceva mettere sopra un altro, e non mai si stancava d’operare, dar udienze pronte sin dal letto, spedire ordini, e lettere secondo le occorrenze. Sempre andava macchinando, ed investigando nuovi ripieghi di combattere, di prevenire, e di vincere l’inimico.

Fu riverentissimo a’ luoghi sacri, liberale verso de’ poveri, e de’ Religiosi, a’ quali dispensava con larga mano elemosine. Provvide con entrata competente parecchie Case di Ecclesiastici, obbligandoli ad ufficiarle, e ad insegnare i Misteri, spettanti alla nostra fede, e la Dottrina Cristiana; Onde si può credere, che per le orazioni di questi sia stato preservato in diversi pericolosi incontri dalla mano onnipotente di Dio. L’ultima sua infermità fu cagionata da fierissimi dolori di pietra; nel tollerare i quali comparve, quanto insigne fusse la di lui pazienza, costanza, e rassegnazione a’ Divini voleri. I Sacerdoti, che gli assistevano, ammirarono la di lui sofferenza, e pietà verso Dio, bramando di finire la vita loro con simile morte.

La fortuna, propizia all’Austriaca Casa, surrogò al defonto altro Cavaliere Italiano, eguale nelle prerogative insigni, e nelle belle doti, ch’esso pure impiegò, a sostentare la grandezza, e la possanza de’ due Cesari, Ferdinando, e Leopoldo. Non fece egli così subito la comparsa di Generale supremo. Ma già da più anni aveva cominciato a distinguersi e a segnalarsi in comandi particolari. Fu questi il Conte Rai-