Vai al contenuto

Pagina:Anonimo - Azioni egregie operate in guerra.pdf/209

Da Wikisource.

e di Soldati Italiani. 199

giore di truppe, per dar battaglia al nemico. L’incarico di continuare l’oppugnazione della piazza, fu appoggiato al Maresciallo Caprara. Esso applicò subito a ben istabilire sul margine del fosso le batterie da breccia, e a dilatare colla frequenza, e moltitudine de’ colpi le ruine nelle mura, e ne’ terrapieni della Piazza. Più volte erano state cominciate nel fosso le gallerie; ma ben tosto distrutte dal Presidio con fuochi artificiati. Il Caprara le fece lavorare con tal arte, che rimasero stabili, e riparate dalle materie incendiarie, che vi gettavano sopra que’ di dentro. Le breccie erano spalancate, le difese de’ fianchi atterrate; quando giunse l’avviso della vittoria riportata sopra gl’Infedeli dall’esercito Cristiano. Il Caprara invitò subito i due Serenissimi, a dare colla loro presenza l’ultima mano alla presa di Nayasel, giacchè tutto era apparecchiato per l’assalto. Que’ Principi con singolare modestia rimisero a lui il perfezionare l’opera; mentre con tanta applicazione aveva promosso ulteriori passi sin quasi all’ultimo. Il Duca di Lorena gl’inviò de’ prigionieri Turchi, acciocchè li lasciasse entrare nella Piazza, a ragguagliarne il Comandante della sconfitta data al Bassà Seraschiero. Ma perchè la pioggia aveva inondati gli approcci, e reso lubrico il transito su’ ponti fabbricati sulla fossa, nè per allora appariva gran mossa di truppe, il Governatore si persuase di aver tempo di arrendersi. Il Caprara, scolate l’acque in qualche modo, fece di notte segretamente accostare tre mila uomini, e collocarli ne’ siti opportuni per l’assalto, che seguì la mattina seguente. I Turchi si difesero bravissimamente; onde solo si pensava a stabilirsi sulla breccia; quando i due Principi di Comercì, e di Vaudemont, frammischiatisi co’ Granatieri, esclamarono: la Piazza è nostra, la Piazza è nostra. Queste voci infiammarono maggiormente l’ardire degli assalitori, sicchè rinnovati gli sforzi, entrarono nella Piazza colla strage di quanti furono trovati in arme, e la sottomisero. Soli quattrocento ebbero in dono la vita.

Giacchè sopravanzava buona parte dell’anno da campeggiare, l’Imperatore ripartì in più corpi le truppe a nuovi acquisti nell’Ungheria superiore. Il General Caprara fu incaricato dell’assedio di Cassovia, Città la migliore di quelle pertinenze, circondata da doppio recinto di mura, e bagnata da due fiumi. Il Presidio era copioso, e risoluto a lungo resistere. I Cittadini, infetti dell’Eresia Calviniana, vi davano mano. Le pioggie autunnali incomodarono gli Aggressori. Tra tante difficoltà esso Caprara accelerò l’avanzamento degli approcci, e già in dodici giorni era penetrato nel fosso1, e rassodati colà entro alcuni argini, sopra de’ quali preparava l’assalto. Quando capitò nel Campo il Petenhasio. Era questi uno de’ più intimi confidenti del Techeli. Riportò, come per ordine del Gran Visir il Bassà di Varadino aveva imprigionato il Techeli, e carico di catene lo spediva a Costantinopoli.

  1. P. Vagner suddetto pag. 672 tomo I.