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TERZO. 146

Dell’offitio del maestro, circa i buoni et christiani costumi. Cap. XXXIV.

Non para maraviglia ad alcuno, se essendo il mio solito di ragionare co’l padre di famiglia hora entro à ragionare co’l maestro, percioche, come altrove si è toccato, il maestro tien luogo di padre anchor egli et non è solo offitio suo di insegnar nudamente lettere, ma di formare il tenero animo del fanciullo alla virtù, co’l buono esempio, et con le utili ammonitioni, non meno che l’istesso padre; anzi il padre et il maestro si devono così bene intendere insieme, et come si dice per proverbio darsi la mano l’un l’altro, sì che il fanciullo riconosca in casa gli instituti del maestro, et nella schuola quelli del padre. Et in somma una gran parte della buona et christiana educatione, si appoggia sopra la diligenza de’ maestri. Habbiamo in questo proposito un notabile decreto del Concilio Generale Lateranense ultimo, il quale acciò i maestri meglio sappiano l’ogligo loro, mi è parso registrarlo di parola in parola in questo luogo, traducendolo di latino in nostro volgare per osservar il solito stile; dice adunque cosi: Conciosia che ogni età, dalla adolescenza sia inclinata al male et lo assuefarsi da i teneri anni al bene, sia cosa molto importante et efficace, per tanto statuimo, et ordinamo, che i maestri di schuola, et precettori non solo ammaestrino, et instruiscano i loro fanciulli nella Grammatica, et Retorica, et simiglianti, ma anchora debbiano insegnar loro le cose che appertengono alla religione, come sono i divini commandamenti, gli articoli della fede, i sacri hinni, et salmi, et le vite de’ santi. Et ne i giorni di festa non possino loro insegnar altro, se non cose pertinenti alla religione, et buoni costumi, et siano obligati à instruirli nelle sudette cose, et ad eshortarli, et sforzarsi anchora per quanto possono, che vadino alla Chiese, non solo ad udir messa, ma il vespero anchora, et i divini offitii, et parimente gli spingano ad udir le prediche, et sermoni et non sia loro lecito di leggere à i scolari cosa alcuna contra i buoni costumi, ò che induca alla impietà.

Sino à qui sono parole del Decreto. Et quantunque il sacro Concilio di Trento habbia ordinato che ne i giorni di festa si insegnino à i fanciulli in ciascuna parochia i rudimenti cosi chiamati della nostra fede, et la obedienza verso Iddio, et verso il padre, et madre, non è però che à i maestri anchora non resti molto campo, di promovere la medesima impresa et poiche et lo spirituale, et il carnale, et il maestro, tutti nel grado loro, hanno il titolo di padre, tutti devono affaticarsi, et far opra che il fanciullo riesca tale, quale si desidera. Adunque il buon maestro pongasi avanti à gli