Pagina:Antoniani - Educazione christiana dei figliuoli.djvu/384

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LIBRO

finalmente il Cavaliere non ha mai da offendere alcuno ingiustamente con la sua spada, i quali oblighi ci dichiara la santa Chiesa madre nostra, nelle sue sacre, et misteriose cerimonie, quando benedice per le mani Episcopali gli Imperatori, i Rè, et i novelli Cavalieri, dando loro la spada benedetta in mano. Per tanto niuna cosa è più mostruosa, et horribile, che il veder i soldati, et Cavalieri christiani violar le Chiese, profanar i vivi tempii di Dio, che sono le vergini sacre, et commettere mille maniere d’ingiustitia, di rapine, et di barbara crudeltà, et libidine, di che molte vecchie historie son piene per non entrar hora à parlare de i nostri tempi, et tanto più sono astretti à questi oblighi i Cavalieri regulari, che hanno voti, et professioni, secondo i varii instituti delle loro religioni. Adunque il nostro padre di famiglia allievi il figliuolo talmente che sia un vero Cavaliere, cioè giusto, et religioso, di che niuna cosa più bella, et tanto più bella, quanto più rara; lo ammonisca anchora à servar somma fede al suo principe, si che per quanto oro ha il mondo, non macchi giamai il candore della sua lealtà. È anchora da avvertire molto alle prattiche, poi che anchor la militia è una maniera di studio, et vi sono molti che si cingono la spada, et sono indegni dell’honorato nome di Cavaliere, gente otiosa, rissosa, inquieta, piena di vitii, insopportabile nel tempo della pace, timida nella guerra. La dove il vero forte, et valoroso, quale si desidera che sia il nostro figliuolo di famiglia, fuori delle fattioni è dolce, mansueto, affabile, non contentioso, non vantatore, non pare che sempre spiri sangue et morte, come alcuni vanissimi Trasoni fanno, ma come è detto fuori del fatto è modestissimo, et nella battaglia ardente, et coraggioso. Et non consiste la vera fortezza in una certa pazza bravura, et in uno ardire temerario, ma ci vuol giuditio, et prudenza et vuol essere adoperata per giusto fine, et con i debiti modi, si come quelli che scrivono delle virtù morali, hanno trattato à pieno, onde molti s’ingannano, et par loro esser forti, quando più presto sono audaci, et brigosi, non discernendo il vero valore dal falso, ne il vitio dalla virtù. Sopra tutto sia il nostro Cavaliere nimicissimo della bestemmia, et di questo faccia à gloria di Dio aperta professione, et procuri quanto può di estirpare questo maledetto abuso, che deturpa in molti la nobiltà della Cavalleria. Della qual materia, degna di ogni amplificatione et copia di parole, per detestarla, non dirò altro havendone ragionato di sopra nel suo proprio luogo.