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noni o per altri usi: portelli. || – di prura, due porte aperte nelle navi da guerra, nel parapetto anteriore di prua, per comunicare dal secondo ponte alla piattaforma della polena: porta di prua (Pitrè). || – di la catarratta, sportello orizzontale che apre o chiude la botola o caterratta: ribalta. || chiantarisi a purteddu, dicon i cocchieri quando il cavallo indietreggiando e facendo girare la partita di avanti, vien a investire contro lo sportello della carrozza. || E jittarisi a purteddu, dicono quando il cavallo attaccato alla carrozza si butta bruscamente di lato.
Purtentu. s. m. Prodigio, cosa strana e meravigliosa: portento.
Purtera. s. f. Porta interna fra le stanze: uscio (Sp. portera).
Purteri. s. m. Custode della porta: portiere. || Per usciere.
Purticatu. s. m. Portico formato da più archi: loggiato. || Spazio su l’ingresso di qualche edifizio, che serve per passeggiarvi, o altri spazi simili: vestìbolo. || Per portone. || Prov. lu Signuri chiui ’na porta, e grapi un purticatu, cioè Dio non abbandona mai, benche paja delle volte così: non si serra mai una porta, che non se ne apra un’altra.
Purticedda. dim. di porta: porticella, porticina, usciolino.
Purticeddu. dim. di portu.
Purtidduneddu. dim. di purtidduni (pl. purtidduna).
Purtidduni. s. m. (pl. purtidduna) accr. di purteddu in tutti i significati. || Per chiudenna V. || Spezie di altre imposte che si metton negli usci pianterreni, acciò la pioggia o la polvere non guastino i cristalli.
Purtidduzza. dim. di purtedda.
Purtidduzzu. dim. di purteddu: sportellino. || V. purteddu al § 1 e 2. || Piccola apertura fatta nella porta per vedere chi bussa: spia.
Purtigghiola. V. nnappetta.
Purtillinu. s. m. Le imposte di certi armadi, i quali fin a metà han cassette, e sopra si aprono poi colle imposte: sportellino.
Purtinaru. s. m. Custode della porta: portinajo, portinaro.
Purtintusu. add. Prodigioso: portentoso.
Purtitta. V. purticedda (Spat.).
Purtò. V. paltò.
Purtugallu. s. m. Frutto di un albero dello stesso nome, che è una spezie dell’arancia: portogallo. || E in generale per arancio, e arancia.
Purtughisa. (A la. Modo avv., ed è T. cuoc. Modo di cucinare certe vivande.
Purtulanìa. s. f. Ufficio del gabelliere di porto.
Purtulanu. s. m. Gabelliere di porto. || Libro di topografia de’ porti, che hanno i capitani di bastimento: portolano. || Custode e guidatore d’una nave, o d’un porto su un fiume: portolano. || – di lu diavulu, commettimale.
Purtunaru. s. m. Portinajo: portonajo.
Purtuneddu. dim. di purtuni.
Purtuni. s. m. Porta assai grande: portone.
Purtusari. V. spirtusari. || purtusarisi, detto de’ legumi, l’essere roso da’ tonchi ossia da quegli insetti che generano nei legumi: intonchiare.
Purtusu. V. pirtusu.
Puru. add. Mondo, schietto: puro. || Purgato, limpido: puro. || Non macchiato da vizio o colpa: puro. || Casto: puro. Sup. purissimu: purissimo.
Puru. particella riempitiva: pure. || Nondimeno, non pertanto: pure. || si puru, quand’anche: se pure. || Finalmente, a lungo andare: pure. || Non che: pure. || Anche: pure. || nè puru, nè anche, nè meno: nè pure, neppure. || o puru, particella disgiuntiva: o pure. || puru-puru. V. pulu-pulu, modo di chiamar le galline.
Purusu. add. Pieno di pori: poroso.
Purvularu. V. pruvularu.
Purvulata d’acqua. V. spurvulata.
Purvulazzu. V. pruvulazzu e derivati.
Purvuli. V. prùvuli. || V. pruvulazzu. || addivintari pruvuli di bottu, dileguarsi, svanire: convertirsi in polvere. Fuggire, sparire, detto di persona: spulezzare. V. in addivintari. || jittari pruvuli ’ntall’occhi, ingannare, far vedere una cosa per un’altra: gettar polvere negli occhi.
Purvulidda. dim. di purvuli: polveruzza. || jittari purvulidda ’ntall’occhi. V. purvuli.
Purvulinu. s. m. Quella polvere minuta che si mette in sul focone dei cannoni e simili, per dar loro fuoco: polverino. || V. pruvulinu.
Purvulista. s. m. Colui che fabbrica la polvere da fuoco: polverista. || fem. Per pruvulera V.
Purvulizzari. V. pulvirizzari.
Purzioni. V. porzioni.
Purziunedda. dim. di purzioni: porzioncella.
Pusamentu. s. m. Il posare, dimora: posamento.
Pusari. v. a. Por giù il peso, o la cosa che l’uomo porta: posare. || fig. Aver fondamento o stabilità: posare. || Stare: posare. || intr. e rifl. Dicesi di cose che si appoggiano ed hanno lor fondamento e sostegno sopra altre: posare. || Avere agio, quiete, ristoro: posare. || Fermarsi: posare. || iri a pusari a ’na banna: andar a posare a un luogo. Quindi sta anche per alloggiare, prender albergo. || Il fermarsi che fa l’uccello su checchessia: posare. || cu’ sa unni posa, chi sa dove si ritrovi. || unni si posa sta, detto di bambino o altro mansueto, buono. || nun ci pusari, far presto: camminar colle falde a cintola. E far checchessia senza interruzione: non posar di far checchessia. || nun pusari la cammisa supra li carni, aver paura: aver battisoffia, paventare.
Pusata. s. f. Il posare: posata. || Fermata, il luogo dove altri si ferma: posata. || Gli arnesi che si pongono alla mensa davanti ogni individuo, cioè la forchetta, il cucchiajo e il coltello: posata. || Muta di vivande: servito. || Per albergo. (Sp. posada: albergo).
Pusatamenti. avv. Con agio, senza fretta, placidamente: posatamente.
Pusatedda. dim. di pusata.
Pusateddu. dim. di pusatu.
Pusateri. s. m. Quegli che dà albergo: albergatore. || Ostiere. (Sp. posadero: albergatore).
Pusatizza. s. f. Tranquillità, placidezza: posatezza. || Sennatezza.
Pusatu. add. Da posare: posato. || Quieto: posato. || Per prudente, savio.
Pusatura. V. posa al § 4.