Pagina:Apollonio Rodio - Gli Argonauti, Le Monnier, 1873.djvu/102

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76 argonautica.

     Non partite di qua, me abbandonando
     Derelitto così, poi che non solo
     A me sugli occhi il piè calcò l’Erinne,
     E traggo interminabile vecchiaja,
     300Ma più acerba, più grave altra sciagura
     Anco m’affligge. A me le Arpie di bocca
     Strappano il cibo, con furor funesto
     Su me, d’onde non so, precipitando;
     Né consiglio ho che giovi; e più sarebbe
     305Facil cosa, quand’io penso a cibarmi,
     Che a me stesso ascondessi il pensier mio
     Che non a quelle: a sì rapido volo
     Scendon per l’aere. E s’egli avvien che un poco
     Di vivande ne lascino, da quella
     310Spira tal putre intollerando lezzo,
     Che nessun de’ mortali approssimarsi
     Pur vi potrebbe, anco se il cuor temprato
     Di ferro avesse. E nondimen la dura
     Necessità del pasto a restar quivi
     315Me costringe, e impozzar que’ putridumi
     Nel tristo ventre. A sterminar que’ mostri
     Oracolo divino i due disegna
     Di Borea figli. E non stranieri aita
     A straniero daran, s’io pur son quello,
     320Quel Finéo già tra gli uomini famoso
     Per opulenza e per profetic’arte;
     Ch’ebbi Agénore a padre; e la sorella
     Di que’ due Cleopatra, allor ch’io regno
     In Tracia avea, con suo dotal corredo