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Pagina:Apollonio Rodio - Gli Argonauti, Le Monnier, 1873.djvu/224

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198 argonautica.

     75Non io dunque, non sola io vo furtiva
     Di Latmo all’antro, e non d’amore io sola
     Per lo vago mi struggo Endimione.
     Ben sovente a’ tuoi carmi incantatori
     Per la nostra amistanza io mi ritrassi
     80Te lasciando tranquilla in notte buja
     I veneficii tuoi, tue dilette opre,
     Esercitar: còlta tu stessa or fosti
     D’egual malore: un demone molesto
     Grave angoscia ti fece esser Giasone.
     85Or va: tu ancor, benchè sì accorta e saggia,
     Soffrir d’amore i duri affanni impara.
La dea sì disse, e ratto i piè per via
     Portavan l’altra. Alacremente il margo
     Soprammontò del fiume, a sè di contro
     90Lucer veggendo uno splendor di foco,
     Cui nella notte ardean gli eroi festanti
     Per la bella vittoria. Un alto grido
     Ella mise fra l’ombre a chiamar Fronti
     Di là dall’altra ripa, il minor figlio
     95Ch’era di Frisso. Egli e i fratelli suoi
     E lo stesso Giason della fanciulla
     Avvisaron la voce; stupefatti
     Fecer tutti silenzio immantinente,
     Chè argomentâr quel ch’era in vero. Il grido
     100Tre volte ella iterò; Fronti tre volte,
     Esortanti i compagni, a lei rispose,
     E gli eroi prestamente incontro ad essa
     Sospinsero la nave. E ancor gittato