Pagina:Apollonio Rodio - Gli Argonauti, Le Monnier, 1873.djvu/237

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libro iv. 211

Troppo quivi infelice avrian la sorte
     440Della battaglia i Minii, ei pochi incontro
     A molti e molti; onde a cessar conflitto
     Patteggiarono un patto: il Vello d’oro,
     Poi che ad essi il promise Eeta istesso,
     Ove il cimento avesser vinto, ad essi
     445Di buon dritto rimanga, o sia che tolto
     L’abbian con fraude, o con aperta forza.
     Medea — chè questo è della lite il nodo —
     Sia data in guardia, dallo stuol divisa
     De’ Minii, all’alma di Latona figlia
     450Fin che alcun di que’ Savii, a cui commessa
     È delle leggi la ragion, sentenza
     Proferisca, se ancor debba alle case
     Tornar del padre, o se alla terra Ellena
     Venir compagna agli Argonauti eroi.
455Ogni cosa in sua mente allor volgendo
     La giovane Medea, sentì d’acuto
     Duol senza posa esagitato il cuore;
     E in disparte da’ suoi tosto chiamando
     Giason, lui solo, il trasse assai da tutti
     460Lunge, in lui fisa, e con sospiri e pianto:
     Oh Esónide (gli disse), or qual fermaste
     Di me partito? I fortunati eventi
     T’hanno di tutto in pieno oblìo sommerso,
     Nè di quanto dicevi al maggior uopo,
     465Or più nulla ti cale? Ov’è di Giove,
     Che de’ supplici ha cura, il giuramento?
     Ove andâr le melliflue promesse,