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Pagina:Apollonio Rodio - Gli Argonauti, Le Monnier, 1873.djvu/278

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252 argonautica.

     Diè lor doni ospitali, e molti Arete,
     1610E questa anche a Medea seguaci aggiunse
     Dodici di Feacia elette ancelle
     Del suo palagio. Drèpani lasciata
     Hanno il settimo giorno; e lor da Giove
     Un puro vento d’Orïente venne,
     1615Dal cui soffio sospinti assai di via
     Corsero, sì; ma non ancor dal fato
     Era attinger l’Acaja a lor concesso,
     Se travagli a patir non venian prima
     Su le coste di Libia. E già quel golfo
     1620Che d’Ambracia si noma, avean trascorso;
     De’ Cureti le spiaggie a tese vele
     Oltre avean già passate, e i varchi angusti
     Delle Echinadi anch’essi; e lor la terra
     Di Pelope apparìa, quando di Borea
     1625Fiera bufera li rapì nel mezzo
     Del Libistico mare, e nove notti
     Quivi aggirolli, ed altrettanti giorni,
     Fin che spinti poi fûro entro la Sirte,
     D’onde ai legni tornar più non è dato,
     1630Poi che in essa fûr presi. Ampie lagune
     Vi son per tutto, ed alta un’alga e densa
     Ricopre il suol, su cui con rumor sordo,
     L’onda spumeggia. Una distesa immensa
     V’ha di sabbia all’intorno, e là non muove
     1635Nullo animante, e non aleggia augello.
     La marea che dal lido ad ora ad ora
     Retrocede, e di nuovo indi su ’l lido