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dell’interesse? Fu una seduzione misteriosa, a cui il vecchio spirito dell’affarista cedette alla vigilia del suo trionfo? Fu il desiderio che qualche cosa di bello e di gentile entrasse a popolare la casa vuota di un uomo vicino a ereditare quasi un mezzo milione? A non molto andare, in seguito all’eredità Ratta, che non poteva tardare un pezzo e di cui teneva già in mano i frutti e la caparra, egli veniva a coronare un grandioso edificio, lavoro di vent’anni di pazienza, e in questo edificio bisognava collocare qualche cosa.

Fu lo sgomento d’invecchiar solo, dopo aver lavorato senza uno scopo tutta la vita e colla prospettiva di mantenere e d’ingrassare i vizi d’un inutilaccio e l’avidità dei furbi che vi speculavano addosso? Da qualche tempo, sebbene a sessantatre anni un uomo della sua tempra non potesse dirsi vecchio, tuttavia non si sentiva più giovane e l’idea d’aver una casa e una compagnia s’impossessò dell’animo suo con tanta impazienza, che da quel momento non ebbe più requie.

Trovato il signor Botta sul mercato di Melegnano provò a buttar fuori una prima parola; poi scrisse; poi tirò in disparte Lorenzo e cercò di farlo ragionare sul serio una mezz’ora; poi interessò il curato e non ebbe più pace finchè non condusse Lorenzo alle Cascine a vedere e a innamorarsi. Gli fece tutte le prediche che si fanno in questa circostanza, dimostrandogli che non basta essere al mondo, ma che bisogna starci con giudizio, che tutti devono lavorare in proporzione del pane che mangiano; che il tempo passa anche per i giovani, e molto più per i vecchi: sicchè egli poteva morire domani col do-