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Pagina:Arabella.djvu/33

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perta questa faccenda delle trenta bottiglie? e dire che egli non s’era manco accorto di berne tante... Lo bevevano tutti quel vino, lo beveva anche la Giuditta: e veramente la vecchia Ratta non poteva portarselo via nella cassa: e quando un pover’uomo è malato, e passa la sua vita in una tana scura e umida, se cede a una tentazione, Dio spaventato, non si dovrebbe parlare di furto qualificato e di cellulare!... E ora che cosa andava a fare, lui, nella stanza della morta?



L’altro, rinchiuso colle spalle l’antiporto, si fermò sulla soglia un momento, sollevò il lume, cercò la sua morta.

La vecchia Ratta giaceva supina sul letto, col volto sprofondato nelle crespe della cuffia, colla povera gonnella indosso, da cui uscivano le gambe sottili, colle mani legate sul ventre, ferma, fissa in quella rigidità quasi violenta, che pigliano i corpi nei momenti che presentono l’ultima distruzione.

Il signor Tognino, abituato a veder la vecchia cugina raggomitolata nella sua poltrona in preda a una tremolante convulsione, non potè sottrarsi a un senso di stupore, rivedendola a un tratto tanto ingrandita sul suo letto di morte; e suo malgrado fu tratto a riflettere qualche cosa su questa stupida commedia della vita, senza però sprofondarsi troppo nella filosofia, ciò che non era nella sua natura, anzi sforzandosi d’infuriare dentro di sè contro gli imbecilli, che non avevano ben chiuso e lasciavano che la neve entrasse dalla finestra.