Pagina:Arabella.djvu/387

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E come se una misteriosa mano facesse scattare una sveglia, che da quarant’anni non suonava più nel vecchio orologio, don Giosuè Pianelli, coll’immagine del sor Tognino sotto gli occhi, stentò a dormire quella notte. — «Una trappola!»



Il Botola, preoccupato anche lui di piccoli affari mondani, non potendo far parlare il padre, andò in cerca del figlio.

Lorenzo, dopo la brutta scena con suo padre, avvilito, amareggiato, conturbato la prima volta in vita sua da un dispetto vero e profondo, sentendosi debole e incapace di continuare in una lotta disuguale contro un uomo più forte di lui, disgustato fortemente anche per compassione di Arabella, ch’egli giudicava strumento e vittima in mano di suo padre, non sapendo dove andare e che cosa fare della sua vita indebitata, senza babbo e senza moglie, si lasciò trascinare dall’abitudine al Piccione-Club, dove trovò Max, che lo condusse a far colazione al Cova. Mangiarono dell’orso, affogandolo nel medoc. Dal Cova, col di Brienne e con Max, fece una visita alle attrici del teatro Pezzana, un baraccone di legno, impeciato e spalmato di peccati mortali. Tornò al club, cacciò il capo nella sala di scherma, soffermandosi prima dal Campari a ingoiare un assenzio; per antipasto vinse una dozzina di lire a Max in una serie di piccole partite a scopa, finchè venne l’ora di andare a pranzo.

Noleggiata una vettura si fecero trascinare alla Cagnola, dove il falso barolo e il falso marsala fi-