Vai al contenuto

Pagina:Arabella.djvu/460

Da Wikisource.

— 454 —

oscura, aiutò a guidarla in mezzo alle varie strade della città e a condurla verso Porta Romana.

Giunta sul piazzale, fuori di porta, dov’era una brutta stazione di legno, chiese ad alcuni uomini l’ora della prima partenza. Sentì che mancava una buona mezz’ora. Indecisa, se tornare indietro o se rifugiarsi nella baracca, parendole che il tempo fosse sicuro e che gli uomini la guardassero con sfacciata insistenza, spinta forse anche dal bisogno di rompere con una forte fatica e di domare un cattivo spirito che l’aizzava, prese a camminare avanti, verso le ultime case del sobborgo dove il tram fa di solito una breve sosta prima d’infilare la stradale. La tratta non è lunga, l’aria umida e fresca faceva bene, e più bene ancora il piacere di essere sola.

Passati gli ultimi casolari, che si distaccano dal corpo massiccio della città come rari e sparsi scogli alla punta di un promontorio, si trovò presto nella campagna aperta, senza un’anima viva intorno, perchè le frequenti pioggerelle del giorno avevano spopolato i campi.

Credette di sentirsi meglio, quando fu sola e che le parve d’essere abbandonata. Se avesse ceduto alla tentazione del cuore, avrebbe lasciata anche la strada maestra per mettersi attraverso i campi e perdersi nei prati che affondano nel guazzo e nella nebbia.

«A che prò Dio le aveva fatto conoscere questo affetto, se anche questo doveva diventare nel suo cuore uno strumento di tortura? non era più sicura nella sua ignoranza? Ora comprendeva, e troppo tardi, che cosa sia per una donna amare. Ora solamente e inutilmente entrava nello spirito delle parole grandi e divine che amore ha ispirato in tutti i tempi. Se