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158 | G. Ricci |
sere efficace, a causa delle molte relazioni commerciali e d’interessi, che potevano avere con le famiglie ricche di Roma, che èran allora divenute padrone di larghi feudi e di molta campagna. Del resto le parole del capitolo 126 degli statuti della città di Roma accennano manifestamente a quanto abbiamo affermato: «Nobilis Ars bobacteriorum semper sit in suo robore et firmitate pro pace et utilitate Urbis». La loro opera dunque si estendeva non solo al bene dell’Arte, ma a quello dell’intera città, che riconosceva in essi un elemento di pace e di ricchezza. Fu tanta la riputazione ch’essi godettero, e tanto per conseguenza dovea essere il loro ascendente politico, che nel 1368 Urbano V non disdegnò di farsi eleggere console dell’Arte e di ricevere il censo stabilito per tale ufficio. Possediamo una lettera del suddetto pontefice al senatore di Roma, colla quale raccomanda caldamente lo statum bovacteriorum. Non sarà inutile il riferirla dal Theiner1:
Urbanus episcopus . . . Dilecto filio Bertrando Renardi militi, senatori Urbis, salutem . . . Per dilectos filios nobiles viros Nicolaum de Thebailescis et Antonium Materiam domicellos romanos recepimus censum piperis ac cere, nobis tamquam consuli debitum per Artem seu statum bovacteriorum de Urbe, et quia ipsos Artem seu statum, cum se laudabiliter gerant, benivolentia prosequimur speciali, volumus, quod eos ac suos ofHdales tuis auxiliis ac favoribus prosequaris et iura ipsorum habeas commendata. Datum apud Montefiasconem, .v. idus augusti, pontif. nostri anno sexto.
Questo documento, oltre all’essere per noi interessantissimo perchè ci offre una notizia tanto caratteristica che un papa siasi fatto eleggere console d’un’Arte, ci dà altresì il modo di conoscere l’onorario che allora percepivano i consoli dei bovattieri, ossia un censo in pepe ed in cera. Anche i consoli dei mercanti2 ricevevano, oltre a cinque