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190 F. Nitti

della sua rovina. Ivi viene indicata la più fina arte per rendere gli Svizzeri, da nemici, amici della Francia: non solo vi appare esclusa ogni ragione di ostentazione verso chiunque, ma i più sottili avvertimenti sono diretti appunto a far si, che l’opera del papa per l’alleanza tra gli Svizzeri ed il re di Francia giunga al risultato con la minore apparenza possibile rispetto agli unì ed all’altro, poiché altrimenti ne verrebbero diminuiti la sincerità e l’efficacia dell’unione dei due antichi nemici. Ed ancor più: il papa ha ora una tale convinzione piena che, il giorno prossimo o lontano della guerra, egli sarà alleato della Francia, che gli Svizzeri al servizio della sua persona e del suo Stato, egli vuole scelti esclusivamente tra i «gallizzanti», tra quelli che erano, per animo e per tradizione, amici di Francia, escludendone quelli di tendenze favorevoli all’imperatore. Nessuna supposizione, avesse pure la parvenza di qualche fondamento, che qui non ha, potrà mai rendere possibile la credenza, che il papa volesse affidare la difesa di sé stesso e delle cose sue a coloro, che, nel calcolo suo, sarebbero stati già designati come suoi nemici. Io pubblico ora per intiero questo documento, del quale già detti una breve citazione. Ed esso solo varrebbe a mio giudizio, quand’anche non vi fossero tutte quelle altre prove positive e negative alle quali ho qui in parte riaccennato, a dimostrare decisivamente che tutta la politica di Leone prima, e, per un certo tempo, dopo l’elezione, non fu preordinata all’alleanza con Carlo.

Ed io spero che la lettura di questo documento toglierà gli ultimi dubbi al De Leva. Lo storico acutissimo, che, con materiale scarso, scopri quello che per gli altri era rimasto oscuro, che al principio della contesa imperiale Leone non era disfavorevole a Carlo; egli che aveva estesa poi siffatta sua veduta a tutto il periodo posteriore, quando non erano venuti ancor fuori i documenti, che chiaramente la contrastano, credo, riconoscerà ora del tutto,