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250 Bibliografia

Diacono pone la spedizione di Ravenna tra gli anni 738 e 739; quella del cronista Giovanni, confermata da una lettera senza data, di Gregorio III ad Antonino, la colloca nell’anno del «magister militum» Gioviano, che, secondo il Dandolo, fu il 740; quella di Andrea Dandolo, convalidata da una lettera consimile di un papa Gregorio al doge Orso, fissa l’epoca della spedizione molto tempo innanzi, ma la testimonianza non ha valore perchè la lettera non può essere autentica; quindi è da ritenere come vera l’epoca fissata dal cronista Giovanni la quale molto si avvicina a quella che si deduce dalla Historia di Paolo Diacono.

È manifesto che la controversia circa la data della spedizione è intimamente connessa colla questione intorno all’autenticità della lettera di Gregorio al doge Orso, che il Dandolo riferisce testualmente nella sua Cronaca estesa. Infatti questa lettera e l’altra ad Antonino, identiche nei concetti e nelle frasi, ad eccezione delle formule, sono i due soli avanzi reali che abbiamo di quell’avvenimento, e finchè non sarà dimostrata la falsità della prima, soltanto in esse si potranno trovare le notizie fondamentali per coordinare e all’uopo correggere le testimonianze dei cronisti. Cosi fra la lettera dì Gregorio che pone in via obbiettiva la spedizione al tempo del doge Orso (726-737) e la testimonianza di Giovanni Diacono la quale riferisce l’avvenimento al quarto anno dopo la morte di quel principe, non può essere dubbia la scelta, a meno che non si dimostri che quel documento è falso. Il prof. Pinton ha compreso benissimo che la buona critica impone questo metodo, e appunto per tale ragione ha voluto provare la falsità di quella lettera. Vi è riuscito? A dire il vero a me non sembra. Già nell’articolo citato dimostrai che le frasi «filius» e «dilectissimus» si trovano contro l’affermazione dell’egregio professore anche in lettere dirette dalla curia apostolica ad autorità laiche e secolari1. Ma il Pinton rilevando nel documento anche il passo «e quia . . . Ravenacium civitas ... a nec diceuda gente Longobardorum capta est et . . . domnus exarchus apud Venetias, ut cognovimus, moratur, debeat nobilitas tua ei adherere et cum eo nostra vice parìter decertare ut ad pristinum statum sancte reipublice . . . ipsa revocetur Ravenacium civitas»2 afferma che la frase «nostra vice» è assurda in una lettera a un doge, prima di tutto perchè quelle parole non potevano assolutamente essere di-

  1. Cf. articolo citato, p. 38 sg.
  2. Cf. il testo che ne ho dato nel cap. XXII della mia dissertazione I manoscrini e le fonti della cronaca del diacono Giovanni nel n. 9 del Bollettino dell’Istituto Storico Italiano.