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30 L. Caetani

30 L. Caetani commesso una colpa1, ma non gli viene mai in mente di scusarsi del pari ogni volta che fa digressione sul conto suo. Ci narra quindi minuziosamente tutte le malattie che ebbe a soffrire, quante volte in viaggio sentisse freddo, o dormisse sulla paglia, o sulle panche d’una bettola, o pranzasse col cardinale legato, o litigasse coi ministri del medesimo, o mangiasse pane d’avena, o carne di cavallo e cosi via discorrendo. Gli saremmo stati certamente riconoscenti se le notizie anedottiche avessero assai più abbondata nel suo diario, ma quel che sorprende è, come egli attribuisca ai propri pettegolezzi il medesimo valore delle grandi cerimonie pontificie da lui dirette.

Questa indifferenza, per quanto non si riferisca esclusivamente al cerimoniale, la vediamo già manifesta nel suo primo viaggio, forse un po’ meno nel secondo, ma massimamente nel terzo, che è, senza dubbio per colpa sua, il meno interessante dei tre. Dopo questo viaggio vediamo maggiormente accentuarsi tale sentimento, ed il diario, coll’andare degli anni, diventa ognora più arido e conciso.

L’egoismo e l’indolente indifferenza, i caratteri più spiccati dell’animo suo, avevano origine non solo nella scarsa e ristretta cultura, ma costituivano parte integrante dell’indole sua, perchè ne vediamo delle tracce in tutte le azioni della sua vita.

D’una cosa però dobbiamo rendergli ampia giustizia, ed è la sua sincerità ed il suo amore del vero. Non si vergogna mai, nè mai cerca di nascondere se qualche confusione o disordine nelle cerimonie fosse avvenuto per colpa sua. «E fu nostra inavvertenza e male facemmo, ma cercheremo un’altra volta di far meglio e più diligentemente »2, è un’espressione da lui usata in più

  1. Diarium, 8 IV 1588; 1 I 1592 e passim in tutto il diario.
  2. Diarium, 29 III 1584.