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356 | C. Manfroni |
vivessero in continuo timore d’essere abbandonati alla mercè dei Turchi e come ragionevolmente molti, e dei più illustri cittadini, proponessero di disdire la lega e di approfittare dello sgomento momentaneo che la sconfitta aveva prodotto a Costantinopoli, per conchiudere col sultano una pace vantaggiosa. Ma poichè la repubblica da un lato temeva, trattando la pace, di concitar contro sé stessa lo sdegno del pontefice e del re, dall’altro confidava che, pei buoni uffici di Pio V, si potesse persuadere Filippo a porgere nel nuovo anno aiuti più disinteressati e meno gravosi, s’indusse sul principio del 1572 ad inviare a Roma i suoi rappresentanti per preparare d’accordo cogli altri alleati un piano di operazioni militari per la prossima primavera, tanto più che, come affermano tutti gli storici, Selim s’era ben presto riavuto dal momentaneo sgomento e andava facendo formidabili apparecchi militari1.
Le conferenze si tennero al solito sotto la presidenza del pontefice il quale, quantunque meno interessato nella questione, non potè trattenere lo sdegno, quando udì dalla bocca di Luigi de Requesens (comunemente detto il commendator maggiore di Castiglia) che per quell’anno sarebbe stato più conveniente rivolgere le armi contro i Barbareschi e che il re desiderava ardentemente far l’impresa di Tunisi o d’Algeri2.
- ↑ «Laonde ogni giorno per nuovi avvisi confermandosi ciò che da principio era stata stimata da tutti cosa quasi impossibile, che i Turchi avrebbono quell’estate una numerosissima armata sul mare, giudicavasi . . . niun’altra cosa poter essere di maggior profitto alla lega che l’attendere con ogni studio e con tutte le forze a distrugger questa nuova armata»; Paruta, op. cit. p. 308.
- ↑ Il Van der Hammen, Vida de D. Juan de Austria, p. 152, accenna appena alla venuta del Requesens a Roma ed alle sue proposte.
«rischiare le forze del re a tanto pericolo di battaglia: che non erano gli interessi del re pari a quelli dei Veneziani e però dovevano esser le cose da lui maneggiate con diversa ragione e separati consigli»; Paruta, op. cit. p. 314.