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dell’anno 1377 5

Camaldolese fu si lontano dal sospettare apocrifo cotal lavoro, che augurassi invece di vederlo messo a stampa con le altre opere del Petrarca; e quella che inclinò a credere non essere di lui, è la Medea.

Dopo tanti abati del secolo passato, che pure intendevano agli studi più che gli abati del secolo nostro, ecco finalmente un laico, ed è il conte Baldelli; il quale peraltro nei suoi Avvertimenti per una nuova edizione delle opere latine di Petrarca, si limita a farci conoscere di aver letto nella Laurenziana questo opuscolo De excidio Caesenae, che sta ivi sotto il nome di Petrarca, ove piange il Poeta la distruzione di quella città operata dal cardinale Egidio d’Albornoz nel 1357.

Venne poi fuori il professore Ambrogio Levati, e raccontò che «essendosi publicato un Dialogo, intitolato Commedia, sul sacco di Cesena, in cui si lacerava la fama del cardinale Albornoz, il quale avea permesso che i suoi soldati commettessero molti crudeli misfatti in quella città, invalse ben tosto la opinione che il Petrarca ne fosse l’autore. Se ne dolse egli con Lelio, e si stupì che alcuni potessero crederlo autore di un sì meschino componimento.» Ed a provare questo suo singolare assunto si appella alla epistola quarta del secondo libro delle Senili (Ediz. di Basilea), responsiva a Lelio, il quale aveagli scritto di aver testè avuti sott’occhio vari opuscoli, parte in lingua latina e parte in volgare, che erano a lui attribuiti, e gliene avea trascritto i primi periodi, pregandolo di dirgli se erano veramente suoi. Il Petrarca risponde: di lodare la sua diligenza, ma di meravigliarsi del suo dubbio, giacchè appena gittati gli occhi su quei saggi, non solo vide non essere suoi, ma arrossì che quella sorta di scritti potesse attribuirglisi; onde si lamenta con l’amico, che possa esserne rimaso in forse. Sfido il critico più sagace a ravvisare, nella domanda di Lelio e nella risposta del Petrarca, il minimo cenno all’impresa del cardinale d’Albornoz e ad una Commedia sul sacco di Cesena, che al Levati sembra di avervi letto si chiaro. Ma nonostante ciò il signor Giuseppe Maffei, nella sua Storia della letteratura italiana, ruppe una lancia contro chi, nella Biblioteca dell’Acerbi, pettinò acerbamente il biografo romanziere, e sostenne che ei rese un servigio ben segnalato alla storia e alla letteratura con la pubblicazione dei suoi Viaggi di Petrarca, nei quali peraltro, con pace del signor Maffei, non ha che ormato servilissimamente e difformato la bellissima opera del De Sade, togliendole l’utile della istoria, senza aggiungerle il diletto del romanzo.

Ma anche più errato del Professor milanese va il signor Defendente Sacchi, il quale nei suoi Saggi sulle feste, origine e decadenza de’ Municipi italiani, crede rappresentata in alcuna di queste feste una tragedia intitolata Filologia, in cui rappresentansi le vicende di Lucrezia degli Ordelaffi, che alcuni attribuiscono a Petrarca, altri a Coluccio Salu-