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insino a che gl’insegnamenti da lui maturali e raccolti in privato possano comparire al pubblico plasmali delle loro proprie sembianze, e senza i tagli e le raccenciature della servitù.. Le quali avvertenze preghiamo il signor Bolani pigli nel senso più benigno, e non dia loro più peso che non hanno; chè non è pensier nostro noverar lui fra gli storici cortigiani o servili, ma solamente desiderio ch’ei fosse stato più libero e severo scrittore de’tempi che prese a narrare.

Non diremo in particolare i luoghi della sua opera dove più cotesto desiderio si fa sentire; ma (per mentovarne una) troppa ci pare, per esempio, la compiacenza ch’egli mette a ricordare, ad ogni piè sospinto, i privilegi alla città conceduti da’ sovrani di Napoli, e l’omaggio che a questi venivano a rendere i Sindaci di lei. Non già che riferir tali cose non fosse buono, ma portarne giudizio secondo la qualità loro sarebbe stato meglio. Come non vedere che prezzo della pronta obbedienza e della docile sommissione erano, per lo più, quei privilegi; e che tutt’altro che argo mento di dignità cittadina era sovente quell’omaggio? Ed un’altra cosa pur ci avrebbe fatto miglior garbo di non vi scorgere, cioè alcuni modi e vocaboli di non chiaro suono contro certi fatti politici de’ quali il tempo e più riposato consiglio dovrebbero ormai persuaderci a fare più giusta estimazione. A che pro, verbigrazia, delle frasi come queste a carico de’ rivolgimenti francesi ed italiani dell’ultimo secolo «ma già in Italia... cominciavano a saporirsi i bozzacchi dell’albero della scienza del male piantato nel vicino regno di Francia1: i popoli italiani si ubbriacavano di speranze smisurate2; pestifere dottrine francesi3; le idee democratiche facevano uscir di cervello la gioventù del reame napolitano4 ec. ec? Piccolezze, ma che pur inducono a false opinioni; perocchè non i bozzacchi dell’albero della scienza del male venutoci di Francia, non le smisurate speranze, non le idee democratiche furono, in alcun tempo mai, le cagioni per cui nel Reame non allignassero i frutti della libertà, ma il lungo servaggio di dentro e le prepotenze di fuori. Spesso il senno, ma più spesso la fortuna fa diffalta ai

  1. Lib. VIII, cap. 4, §. 7.
  2. Ivi, cap. 5, §. 2.
  3. Ivi,cap. 4, §. 7.
  4. Ivi, cap. 5, §. 5: