Pagina:Archivio storico italiano, serie 3, volume 12 (1870).djvu/149

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rassegna bibliografica 145

Su questo sano principio è fondata la nuova distinzione proposta dal signor Gloria in tre categorie, cioè: «I. Atti di autorità laiche ed ecclesiastiche, non giudiziari. II. Atti giudiziari delle medesime autorità. III. Atti dei privati» (pagina 449). Differisce essa in parte da quella del Mabillon, e se ne spiega la ragione, per il desiderio di porre in ordine evidente e distinto i documenti giudiziari, i quali, per natura loro e per la specialità delle forme, richiedono d’essere studiati separatamente da ogni altra sorta d’atti pubblici e privati. Con tutto ciò, senza togliere alla classificazione del signor Gloria il merito d’essere ugualmente semplice e razionale, parmi quella del Mabillon più comprensiva ed armonica; imperocchè egli abbia preso nettamente per base la diversa condizione delle persone, mentre il Gloria ha avuto rispetto in parte alla qualità degli atti, in parte alla qualità degli attori.

Alla classificazione dei documenti si rilega facilmente la storia degli antichi archivi; dei quali riferisco qui per sommi capi dal libro del signor Gloria le principali notizie. Gli Ebrei e i Greci istituirono i loro archivi nei tempi: così forse anche gli Etruschi e gl’Itali primitivi, comecchè non se ne abbia certa memoria; e seguitarono tale usanza i Romani, riponendo le loro carte in parte nei luoghi sacri e in parte nel Campidoglio. Durante l’impero, si ebbero in Roma due maniere d’archivi, gli uni stabili, detti scrinia stataria che si custodivano nel palagio imperiale, o al modo solito, nei tempi, gli altri mobili, detti scrinia viatoria, che gl’imperatori trasferivano seco nei loro viaggi. Degli archivi dei municipi e di quelli notarili del tempo romano non resta verun avanzo: che «le devastazioni e gl’incendi operati dai barbari, distrussero del tutto questi preziosi depositi»; ma fortunatamente alla mancanza delle pubbliche memorie in codesti tempi d’invasioni suppliscono in molta i)arte gli archivi ecclesiastici. Risorte poi le repubbliche italiane, ivi ripristinaronsi anche gli archivi, che furono dalle città custoditi con zelo ed affetto (pag. 445-448).

È notevole come certe usanze degli antichi circa alla custodia dei documenti si ritrovino anche negli archivi del medio evo. Così, per esempio, re Carlo d’Angiò ebbe, ad imita-