Pagina:Archivio storico italiano, serie 3, volume 12 (1870).djvu/164

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160 rassegna bibliografica

lode riconoscente dei cittadini. Nelle difficoltà perigliose dei casi, nelle incertezze dei migliori partiti non mancò alla Reggente l’aiuto di un consigliere fidato, che vedea diritto e più lontano di tutti, le cui proposte accolte a tempo avrebbero risparmiate le calamità e le ruine lamentate. Questi era il padre Monod gesuita. Sapevalo il cardinale di Richelieu che ne giurò lo sterminio; resistette la Duchessa alle minaccie francesi, poi s’indusse ad allontanarlo dalla corte e dargli cortese confino. Non si contentò il porporato, e Cristina ebbe la colpevole debolezza di cedere una seconda volta, facendo arrestare l’infelice e sostenendolo nella fortezza di Mommeliano. E neppure questo bastò, non fu pago l’implacabiie ministro di Francia; e Cristina, vergogno a scriverlo, cedette ancora, chiuse l’innocente nell’orrido castello di Miolans. tomba di ladri, assassini, falsari. Colà moriva l’intemerato uomo, dimenticato e quasi privo di senno (1644). Il nome suo, per dottrina, coraggio e rara indipendenza d’animo onorando, presso molti giace ancora dei colpi onde l’offesero le vendette e le vigliaccherie contemporanee; colpi con troppa leggerezza rinnovati alla nostra età dai due più eccelsi scrittori del suo paese, i quali avrebbero pur dovuto avvertire che la vittima dell’oppressore straniero non potea essere un cattivo cittadino. E tale non era colui, che a Vittorio Amedeo I sconsigliò la cessione di Pinerolo e la lega offensiva colla Francia, alla Duchessa Reggente il rinnovamento di essa lega, e ciò mentre professava «dover essere massima fondamentale il conservare ad ogni costo la buona unione colla Francia, ed essere eresia preferirle l’amicizia colla Spagna». Non era tristo cittadino chi al primo rumoreggiar delle armi di Tommaso, interpellato sulle necessità presenti non si peritò di rispondere per iscritto a Madama Reale consigliandola di riconciliarsi coi cognati in guisa da conservarsi il grado di tutrice e reggente, lasciandone ad essi l’esercizio col titolo di Luogotenenti e sotto certe cautele. Era consigliere integro, animoso e degno di rispetto chi dal fondo di un ergastolo, premio della sua fede, potea scrivere a Cristina stessa: «Nulla ho chiesto né per me né per i miei congiunti, non entrai ne’ consigli se non invitato, anzi forzato dal Duca mio signore». Il sig. Ricotti conchiude la narra-