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i porti della maremma senese 61

pato; e riscaldandosi nel desiderio di liberarsi dalla nuova tirannide congiurarono contro i Noveschi e la vita del Bichi. Il 6 d’aprile del 1525 era per le vie della città un grande tumulto: giovani armati correvano per le piazze e per le contrade minacciando i tiranni, e gridando: libertà, libertà. Alessandro Bichi si trovava nelle case del vescovo, presso il Cardinal di Siena, insieme con l’oratore del vicerè di Napoli, e con molti suoi aderenti. I Libertini invadono l’episcopio, e di piìi colpi trafitto lasciano morto il Bichi. Ne segue nella città confusione grandissima, e combattimenti fra i cittadini delle due fazioni; ma i Noveschi hanno la peggio; e nelle prime ore di sera, cessato il tumulto, la Signoria s’aduna in palazzo, e convoca pel giorno dopo il Consiglio del Popolo1. Il governo fu ridotto all’antica forma popolare; la Balìa che già componevasi di sedici cittadini, annullata, ed in suo luogo eletto un magistrato di ventuno, con ampie autorità per preservare la libertà ricuperata, e mantenere la città nella devozione dell’imperatore2.


  1. Concistoro, Deliberazioni, n. 934, c. 18 e 19.
  2. Iacopo di ser Donato Corti, notaio del Concistoro, ci lasciò scritto nel registro delle Deliberazioni (n. 934, c. t7) il racconto di questi tumulti e della morte del Bichi, e ci piace di riferirlo per intero.
    Die dicta (vi aprilis) quasi hora xx, que fuit dies Iovis.
    Tumultus factus fuit per totam civitatem, et in illa hora Alexander Galgani de Bichis reperiebatur in domo episcopi et in palatio vel camera reverendissimi cardinalis de Senis una cum capitaneo Adovardo Queglio mandatario illustrissimi Viceregis serenissimi Imperatoris Caroli. Tunc ibi introierunt nonnulli iuvenes armati, et impetu maxima viriliter pugnantes (quoniam ibi ad societatem prefati Alexandri erat maxima comitiva militum et civium aderentium sibi) quasi miraculose Alexandrum ensibus necaverunt cum nonnullis aliis de eius comitiva, ut mihi relatum fuit. Qui iuvenes inlesi exierunt de dicta domo. Hoc interim per civitatem preliabant quasi omnes cives, nonnulli pro libertate, reliqui vero pro tirannicha defensione; taliter quod qui adherebant tirannis quasi superaverant libertatem defendentes. Quibus tirannis aderebant omnes milites platee cum eorum capilaneo qui vocatur Guglielmus Corsus de la casa Biancha. Quibus tirannis in medio victorie seva fortuna fuit; et cum in simili conflictu et victoria forent, campana grossa Comunis Senarum pulsata fuit, et nonnulli ascenderunt turrim palatii, et eam munierunt lapidibus. Et viso quod milites custodie platee contra cives preliabant, statim ceperunt eiacere lapides contra prefatos milites, et statim dicti milites, relictis