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4 una lettera di carlo v

«lui propose di scendere ambidue insieme in Italia, e, sciolto il pontificio dominio, di rendersene padroni»1.

E nei Commentari di Carlo V, pubblicati dal barone di Herwyn de Lettenhove, si legge: «doversi fare delle detenzioni di Sua Santità un rimprovero meno all’Imperatore, che a coloro, che lo avevano costretto ad assoldare per sua difesa tanta gente d’arme, da cui non era stato ben ubbidito»2.

La presente lettera, indirizzata dall’Imperatore al cardinale Giovanni Salviati, e che si ha tutto il motivo di credere inedita, nulla porge di nuovo. I rimproveri, che si esprimono in essa, consuonano per intero con quanto si è detto di sopra. Nondimeno mi parve non inutile il farla di pubblica ragione e perchè di quelle, che si conoscono, è la prima, che quell’Imperatore dettasse in proposito, e perchè si allunga in maggiori particolari, che non forse le altre.

L’esemplare, da cui io l’ho tolta, non è l’originale, ma una copia. Il cardinale Giovanni Salviati, nipote di Leone X e messo di Clemente VII a Carlo V e a Francesco I di Francia, era legato d’intima amicizia a Giovangiorgio Trissino; a cui fin dal 1519 indirizzava una lettera, pregandolo a trasmettergli una copia corretta della Sofonisba3. Assunto al pontificato il cardinale Giuliano de’ Medici, fu anzi il Salviati, che rese partecipe il Trissino del desiderio, che Sua Santità avea di vederlo, e che gliene trasmise un Breve d’invito4. Io reputo che a siffatta amicizia debbasi la copia di questa lettera. Il Trissino, dopo la elezione di Clemente VII, non tardò molto a muovere a Roma. Nel 1525 fu anzi inviato dalla Santa Sede alla Repubblica di Venezia a trattare di non so qual negozio. Al momento, in cui si consumava il sacco

  1. De Leva, Storia di Carlo V, vol. II, pag. 439.
  2. V. Archivio Storico, Nuova Serie, vol. XVI.
  3. Trissino, Opere, vol. I, pag. 47. Verona, 17.9
  4. Trissino. ibidem.