Pagina:Archivio storico italiano, serie 3, volume 13 (1871).djvu/388

Da Wikisource.
382 del monte di venere

Non trovo nemmeno donde derivi il nome di Monte della Sibilla, nome che però potrebbe spiegarsi colle molte grotte di questa parte dell’Appennino. I luoghi da Virgilio, maggior autorità per ciò che spetta al sovrannaturale, nel suo poema nominati in connessione col mondo sotterraneo, non hanno che fare con queste località, quantunque esse in certo modo si specchino nelI’ Eneide, la cui bella descrizione della «famosa valle che d’Amsanto si dice» (c. VII, v. 565), valle che corrisponde a quella del Lago Muffiti nel Sannio antico, in alcuni tratti pare ricordi il monte della Sibilla. Tra le Sibille, quelle misteriose donne le quali, col profetizzare il monoteismo, collegano l’idea pagana colla cristiana, oltre alla Cumana e alla Tiburtina (Albunea) troviamo presso Varrone la Cimmerica, altrove detta Italica, ma senza indicazione del soggiorno1. I cronisti ed etnògrafi del medio-evo non chiariscono il dubbio.

Non mi è noto se nella letteratura italiana ci sia traccia più antica della fama neoromantica dei monti Norcini di quella cui incontriamo nel romanzo cavalleresco di Guerino il meschino, che è una specie di continuazione dei Reali di Francia. Il frontespizio delle prime edizioni e traduzioni del libro indica come Guerino, figlio di Milone di Borgogna principe di Taranto, cercando di padre e madre in Oriente ed Occidente, percorrendo l’appennino di Norcia, secondo la versione francese «trouva la belle Sibylle en vie et comment ils eurent plusieurs propos ensemble2». La Sibilla, detta ancora la Fata

  1. F. Piper, Mythologie der christlichen Kunst. "Weimar, 1847, vol. I, pag. 472 seg. La Sibilla Cimmerica è la quarta nel libretto popolare tedesco sulle profezie delle Sibille: Zwòlf Sibyllen Weissagungen, nell’ediz. di C. Simrock (Francof. senza anno), pag. 15.
  2. La stampa più antica del Guerino è la padovana del 1473 (Brunet, Manuel du libraire, vol. II, col. 1787), quella della versione francese del 1530. Ne parlano Goethe nelle note aggiunte alla vita di B. Cellini, (Opere vol. XXIII. pag 130 dell’ediz. di Stuttg., 1851 segg.) e F. H. Von der Hagen. Briefe in die Heimat, Eresi. 1818, vol. II, pag. 109 e seg.