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420 delle antiche relazioni

danari grossi di Ravenna; sessanta balle di fustagno santelarisio di pingnolati (drappo grosso usato dai poveri) ed altri panni per il loro uso.

Che i Ravennati non avrebbero consentito che a’ loro porti si portassero merci dalla Barberia, dalla Siria, dalla Romania, dalle Puglie, dal regno di Sicilia, da Alessandria e dall’altre terre di Egitto, nè d’oltre mare1, che però avrebbero potuto provvedersi in Venezia senza pagar dazio di bambagia, di cera e delle altre merci provenienti d’oltre mare, come facevano gli altri popoli vicini a Venezia.

Che non avrebbero ricevuto sale di Cervia nè per terra ne per acqua, fuori di mille e cinquecento libbre che doveano bastare per i bisogni della città e del territorio. Il rimanente avrebbero potuto portare dovunque fuorchè a Ravenna. Non potendosi trovare a Cervia la suddetta quantità di sale, i Veneziani si obbligano a dirla essi da Chioggia o da altra parte per un prezzo giusto e senza dazio.

Che i Ravennati potrebbero portare nel loro territorio, e non mai altrove, lino e commestibili per loro uso.

Che i Veneziani non avrebbero portato nelle acque e nel territorio di Ravenna merci de’suoi nemici, nè trovandole le avrebbero comperate o fatte comperare senza il suo consenso, purchè essi da qualsiasi parte venissero entrando il porto di Ravenna fossero salvi e sicuri negli averi e nelle persone, e potessero partirsene senza contrasto.

Che il Comune di Venezia si sarebbe obbligato a comprare dai cittadini di Ravenna o da altri mercanti,

  1. Il documento ha qui una lacuna. Noi trattato del 1323 si ritrovano le stesse parole e si legge dopo: ultra mare, dal che per analogia argomento che si debba leggere anche qui. Qualche volta si trovano designati come ultra mare i porti da Cervia in giù come Rimini ed Ancona.