Pagina:Archivio storico italiano, serie 3, volume 13 (1871).djvu/431

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fra venezia e ravenna 425

così vedendo Venezia richiamare a se tutti i traffichi dei porti vicini, sebbene ne incresca il decadimento di Ravenna, non ci rifiatiamo a credere che questa unificazione di forze, tuttochè a que’ tempi apparisse il contrario, alla perfine tornasse utile all’universale delle genti ed accrescesse splendore alla civiltà d’Italia. Quanto poi si trova detto della Lombardia è da intendere ancora di tutta la pianura del Po in generale e come dice Dante da Vercelli fino alla foce del gran fiume dove appunto era stato eretto il castello di Marcabò cagione di tanto contrasto:

Rimembriti di Pier da Medicina
Se mai torni a veder lo dolce piano
Che da Vercelli a Marcabò dichina.

Strana è poi la definizione che il Salimbene dà di questo nome dicendo «i Veneziani lo chiamarono Marcamò ciò è il mare gridò per il rumore che vi fanno le tempeste».

[Cresce in Italia l'odio contro ai Veneziani.] VII. Ma intanto l’odio contro i Veneziani cresceva in tutta Italia: «i Veneziani uomini avari, cocciuti, superstiziosi, dice il contemporaneo Salimbene, vorrebbero soggiogare tutto il mondo, se potessero, e trattano villanamente i mercanti che vanno a loro. Vendono a gran prezzo in molti luoghi del loro territorio e prendono molti pedaggi alla volta dalle persone medesime.

«E se un mercante porta le sue merci a vendere in Venezia non può riportarle indietro, voglia o non voglia è costretto a venderle colà. Se poi una nave carica non veneziana è costretta a piegare alla loro spiaggia, non la lasciano ripartire se prima non ha quivi venduto le mercanzie, dicendo che la nave è venuta al loro lido per divino volere al quale non si deve contrastare».

E per questo quando nel 1268 Venezia ebbe difetto di vettovaglie e per la nemicizia coi Genovesi e per la crociata di Re Luigi IV non poteva provvederle di fuori.