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fra venezia e ravenna 427

dipoi sono fieramente travagliati dall’oste di Marco Gradenigo e di Paolo Dandolo.

Stanchi alla perfine di questa guerra lunga ed infruttuosa e perdute alcune centinaia di guerrieri più che per le ferite per la malignità dell’aere e per la moltitudine degli insetti1 e Bolognesi e Veneziani si piegarono ai consigli di papa Gregorio IX, ed il 15 d’agosto 1273 per mezzo di tre frati la pace fu conchiusa e poscia ratificata in Venezia. In questa pace i Veneziani promisero ai Bolognesi che avrebbero lasciato liberamente passare ventimila corbe di frumento ogni anno da Cremona e dalle Romagne, e trenta migliaia di sale da Cervia per l’alimento della loro città, ponendo guardie venete a visitare il carico a Sant’Alberto ed a Primaro, ed i Bolognesi giurarono di disfare il castello e di non impedire gli antichi diritti che la repubblica avea sopra Ravenna, specialmente quello di tenervi un visdomino (che già vi risiedeva) e di far sì che (per quanto stava in essi) le insegne dei Veneziani potessero stare spiegate senza timore di insulti nel porto di Ravenna.

Così i Bolognesi disfecero il castello, e molto legname di esso fu donato ai frati minori di Ravenna. Gran parte della preda ebbero i Ravennati per il possente aiuto prestato ai Bolognesi, ma non senza contrasto: che in sul principio dell’anno 1272 Anselmo da Imola essendo potestà di Bologna dichiarò in consiglio che essi non avevano diritto alcuno nella preda, che invece dovevano restituire quanto di essa vi aveano lasciato sei soldati bolognesi morti di recente in Ravenna per le ferite riportate alla battaglia di Primaro, e che se questa restituzione era negata, bisognava romper guerra ai Ravennati. Ma Luchino Gattalusio che presto gli succedette nella podesteria fece le meraviglie come dopo tanta bra-

  1. Ex intemperie marini aeris et propter multitudinem culicum et pulicum et muscarum et asylorum Salimbene.