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rassegna bibliografica | 477 |
che Iddio medesimo verrà da sé a giudicare il mondo; e che quindi per mezzo di una umana potenza stabilirà il regno di Dio. Nel quale pensiero sta la grande epopea nazionale ebraica; mentre sta invece ne’ salmi la lirica, la quale dall’intimo cuore si leva sino a Dio, all’universo, al popolo e all’umanità.
Che se la credenza in quella missione, di avere, cioè, a recar sulla terra il regno di Dio, informava la vita del popolo ebreo; essa credenza riusciva pure a dargli una idea esagerata di sé, e a falsarne l’indirizzo. Ritenendosene come il solo popolo eletto di Dio, esso veniva in qualche modo ad isolarsi di mezzo all’umanità; e a non riconoscersi quindi sottoposto e regolato per le medesime leggi dello svolgimento comune. Il privilegio di una iniziativa egemoniaca, quel popolo lo scambiava non altrimenti che uno stato eccezionale permanente; e se l’io per esso significava l’anima medesima1, riteneva che a lui solo spettasse di guardare la ragione quasi non altro che la coscenza2, e la legge divina immedesimatasi colla morale3. Quel popolo aveva una grand’idea di sè, e d’ogni singolo suo cittadino. E s’intende quindi, come non riconoscesse se non le opere proprie quali titoli al governo della cosa pubblica; e così gli riuscisse duro piegarsi alla dominazione altrui - presidente di repubblica, o re; - e il suo ideale consistesse nel giungere per la famiglia e il patriarcato alla tribù, e quindi alla confederazione di tribù; nella quale ogni tribù aveva a conservare la medesima coscenza di Dio; e riconoscersi sottomessa, non altrimenti che la famiglia, alla medesima legge morale; e l’Jehovah ritenere quale unico legislatore e signore. Il Bunsen, dopo i tempi di Esdra, nota come avesse avuto luogo una grave alterazione in quel popolo, per la coscenza che professava di Dio; e come in seguito delle sventure grandi che gli erano toccate, più non si confidasse nella Provvidenza; e alla primitiva fiducia in Dio, fosse venuto sostituendosi il sentimento pauroso di un deismo secco e sterile; nè più sapessero