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della poesia di virgilio | 529 |
pezza il valore delle tre parole odora canum vis1; non badando al puerile contrapposto di molle e di duro, e ponendo qui mente soltanto a’ numeri non pare che abbiano del soave nè del robusto que’ due genitivi plurali così collocati; e i cinque neutri plurali desinenti in lettera che non esprime il ringhiare de’ cani, sono più che insoavi, perchè rammentano il vezzo, perpetuo nel poeta, dell’ammontare epiteti l’un de’ quali scema all’altro vigore, e paiono così ammontati o perchè la legge del verso a lui pesa, o perch’e’ non sente quando abbia detto abbastanza. E siccome e’ ripete le altrui idee esagerando per debolezza di mente: così ripete amplificando l’idea medesima in altri vocaboli; e, per più disgrazia, prepone i più efficaci ai da meno: onde pare ch’e’ non curi il valore della parola, senza accorgersi annacqui liquore generoso, confonda senza accorgersi il piombo e l’oro. A lui ignota la parsimonia, pregio quasi costante del dire virgiliano, e sua cura, come d’uomo che ama raccogliere in poco di spazio valore molto, che sente in coscienza il prezzo della parola e del tempo, e ha rimorso di perderlo. Questo dicono i versi: ma fugge intanto, fugge il tempo irreparabile, mentre che l’affetto delle singole cose ci piglia e trasporta2. Circumvectamur, voce che è insieme sentenza e immagine, norma del vero e del bene e del bello: perchè sta in questo l’amabilità della grazia e l’efficacia della forza, l’ispirazione della virtù e la maturità dell’ingegno: sapere a tempo procedere, fermarsi a tempo.
N. Tommaseo.