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Pagina:Archivio storico italiano, serie 3, volume 13 (1871).djvu/78

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74 delle antiche relazioni

territorio armata mano cogli aiuti de’ Trevisani e de’ Ravignani. Ma il quattro di ottobre uscita incontanente a difesa della patria una mano di Veneziani sconfigge gli alleati con grande uccisione, presso il castello delle Bebbe, e riconduce cinquecento e sette prigioni. I vinti ricorsero all’imperadore Arrigo V ch’era in Verona, il quale uditi anche i messi dei Veneti, terminò le querele facendo restituire ai Padovani i loro prigioni, e lasciando integro il territorio della Repubblica1. Ma la pace coi Padovani fu rotta di nuovo quando nel 1142 questi fecero un taglio nel fiume Brenta presso a Sant’Ilario, per cui grande quantità di sabbia entrava nelle lagune con danno dei Veneziani, i quali non si sbigottirono per nulla della necessità di guerreggiare in terraferma, cosa affatto nuova per loro. Apparecchiarono la cavalleria, ed un Guido da Montecchio o Montagone fu chiamato a guidarla come un Alberto da Bragacurta, che da altri è detto Pietro Gambacurta, a capitanare i fanti. E s’azzuffarono in un luogo detto la Tomba, dove i Padovani rotti con grande strage chiesero pace, e dichiarando di non aver fatto con mal animo il funesto taglio del Brenta, si dissero pronti di rimediare a tutti i danni.

Avvenne la vittoria de’ Veneziani nell’anno 1143, ed è ben da credere che a’ fianchi de’ Padovani combattessero nuovamente i Ravennati, poiché si legge nel manoscritto inedito del Carrari conservato nella biblioteca Classense di Ravenna, che in questo medesimo anno i Ravignani per terra e per mare combatterono coi Veneziani facendosi gli uni gli altri molti mali.


  1. Leggesi nella vita di papa Onorio II, ch’egli delegò Petrum Pretrum Presbyterum cardinalem tituli sancti Atanasii ad partes Ravennae qui deposuit Aquilejensem et Venetum patriarchas, e Bernardo di Guidone aggiunge, quia invenit eos schismaticis favorabiles extitisse. E così altri scrittori di cronache nella raccolta del Muratori, il quale crede col Sigonio che non avessero altro peccato fuorché quello di avere favorito Corrado usurpatore della corona d’Italia dopo aver prestato giuramento al re Lotario.