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110 l'etimologia e la storia arcaica

avere un certo valore il vedere imporsi anche alle menti di allora, in un tempo tanto più prossimo alle origini, un collegamento che a noi pure ha finito per apparir naturale. E il valore s’accresce, in quanto il collegamento s’impone in certa maniera in contrasto coll’attrazione che aveva da esercitare un ravvicinamento ben più consentaneo alle tendenze dell’etimologia popolare; quella per cui nella seconda parte del vocabolo s’era portati a vedere un «leone».

Che poi un aggettivo preso da un nome di città si presti quanto mai, per ragioni che ognun vede da sè, a diventar nome di persona, è cosa più che patente. Ho io bisogno di citare Adriano, Fiorentino, Romano, Gaetano? Cotal uso, comune oramai ad ogni popolo, era nell’età media, senza confronto meno avvezza di noi a domandare i suoi nomi al paradiso, di gran lunga più frequente e svariato che non sia attualmente; sicchè s’avevano allora e Padovani, e Bresciani, e Bergamini, e Todini, ed Eugubini, e Nocerini, ecc. ecc.1.

E la geografia aggiunge ancor essa la sua voce. S’accorda ottimamente colla derivazione napolitana l’apparire che il nome fa anzitutto al centro della penisola.

Quanto alla fonetica, essa dichiara che l’ipotesi l’appaga perfettamente. Per mettere le cose in maniera che Neopolo, o piuttosto Neopoli, avesse la possibilità di farsi valere, s’erano dovute supporre più genuine le forme che portano Nepo anzichè Napo; ma il vero si è che Napo ha dalla sua, e la frequenza senza confronto maggiore (considerato che son bene da inscrivere sotto le sue bandiere anche i tanti Neapo-), e l’accorciamento torrianesco2, che dà a vedere la saldezza dell’a. Nè l’indebolimento dell’a atono in e può riuscir punto ostico3, meno che mai in un nome

  1. S’intende che non cito esempi ipotetici; ma trattandosi di un fenomeno cosi ovvio, mi par fuor di proposito specificare per ogni caso le fonti mie proprie. Avvertirò bensì che là dove io dico «Eugubino» perchè «Eugubinus» leggo in una carta di Perugia (Ficker, Op. cit, n. 153), il linguaggio volgare avrà detto un poco diversamente.
  2. Ved. p. 5.
  3. Se il riferirsi ai fenomeni che si producono nei composti latini dovrebbe parere un risalir troppo su, non saranno menzionati inopportunamente e il fetigati, e il secratum, e il Delmatia della latinità bassa (Seelmann, Die Aussprache des Latein, Heilbronn 1885, p. 172), quand’anche in taluno di questi esempi l’analogia dei composti possa essere appunto il fattore dell’alterazione. Quanto alle parlate italiane, si veda Mussafia, Zur Kunde der Norditalianischen Mundarten, p. 11. Salvioni, Fonetica del dialetto mo-