Pagina:Archivio storico italiano, serie 5, volume 7 (1891).djvu/161

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l'astrologia e la consegna del bastone 141

E di fronte alle gravi ragioni di Stato erano trascurate la superstizione e i dettami dell’astrologia. I Signori non negarono il titolo, gli onori, l’autorità di Capitano generale al condottiero che poteva procurare la salvezza dello Stato; nè, quando fu necessario, si curarono di quella funzione e del tempo in cui doveva aver luogo. Francesco Sforza fu nel 1438 investito di quel comando e di quel grado fin dal giorno in cui fu firmata la convenzione che lo conduceva agli stipendi

    «scrivemo. Dipoi è paruto di observare in questa cerimonia del bastone quello che sempre è stato consueto: che lo Astrologo ne dia il tempo; il quale ancora non è dato. Il perchè si soprasederà tanto che s’intenda; et noi, subito che ne haremo cosa certa, ve ne aviseremo et manderemo di qua uno in compagnia del predecto mag.co m. Giovan Iac.o a questo atto proprio insieme con voi. Così è paruto a decto mag.co m. Giovan Iac.o et pare ancora annoi per nobilitare la cosa; non perchè si possa fare per persona più nobile che voi, ma parrà più stimata la cosa mandando uno per questo proprio...». E il 23 (ivi, a c. 83): «... Dello strolago habbiamo havuto il punto per dare bene le bandiere et bastone a cotesto ex.mo Cap.o, che è domenicha proxima a hore 16 et 1° quinto. Sarà costì a quella hora il mag.co m. Ioamiac.o Simonetta et chi noi manderemo per decta cagione. Sarete però avisati di tucto inanzi, tanto che lo saprete per prepararvi...». In lettere, trascritte a c. 86, 87 t° del medesimo registro, accennavano ancora, ma non più chiaramente, ad un sindaco che avrebbero mandato col Simonetta; e non lo nominavano finalmente se non nella lettera del 26 settembre (a c. 90 bis) quando Lorenzo s’era già posto in cammino. Ed in questa ultima si scorge la vera cagione della partenza del Magnifico: «... Sarà costì Lorenzo de’ Medici in compagnia del mag.co m. Gian Iacopo Simonetta, informato di tucte le cose dell’uficio nostro et d’ogni nostra intentione; il perchè saremo brevi, riferendoci nelle cose più gravi alla sua voce...». Non altrimenti scrivevano all’Estense stesso, il medesimo giorno (Ivi): «... Non daremo tedio in rispondere altrimenti alla V. Illma S., essendo venuto costì il mag.co Lorenzo de’ Medici, nostro collega; dal quale molto meglio intenderete la nostra intentione, che non la scriverremo.»
            Nessuno, pare, ebbe allora sentore di questa missione del magnifico Lorenzo ed il Filarete dà notizia della cerimonia colle seguenti parole, nelle quali accenna pure al poco vantaggio che i Fiorentini trassero dalla condotta dell’Estense, incolpando di un tal risultato soltanto l’asta della bandiera che era senza ferro; mentre non v’ha dubbio che avrebbe imprecato alla condotta dei Dieci, se l’avesse conosciuta. Dice adunque (Cerimoniale cit., a c. 15, in margine): «A questo Duca quando ebbe el bastone, gli si mandò in campo al Poggio Imperiale. Fu sindaco Lorenzo de’ Medici e dielli la insegna del gigli e ’l bastone; la quale insegna, per mancamento di lancia, si tolse una lancia sanza ferro; e pertanto augurai poco per noi operarsi, come fu».