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delle pievi di bono e di condino nel trentino 7

ad una multa di dodici mila lire veronesi, dalla quale, la Pieve di Bono, almeno fu assolta dal Vescovo Enrico III, il 26 aprile 1335 (doc. LXIV)1.

D’altra parte più che timore dei governi, la cui lontananza, messa specialmente di fronte alla povertà propria, era quasi di per sè stessa una garanzia, conveniva alle Comunità delle due Pievi di tutelarsi contro la feudalità, allora appunto più prepotente per l’affievolimento della potestà sovrana. Pur tuttavia pare che la feudalità non mettesse troppo profonde radici nella Valle del Chiese, o che, per dir meglio, anche sussistendo, non colpisse l’indipendenza dei Comuni.

Le Case che avevano feudi nelle nostre Pievi erano quella di Storo e quella di Lodrone, che vi risiedevano, e poi quelle di Stenico, di Campo e di Arco, con gli affini di quest’ultimi, i Mettifoco, originari di Breno in Val Camonica. Ricordiamo, quanto alle prime, un’investitura concessa nel 1202 dal Capitolo di Trento ad Alberto di Bozzone di Stenico, rinnovata poi nel 1214 a Pellegrino figlio di lui, di vari beni, fra i quali anche

    rico di Corredo, capitano pel duca Mainardo e poi anche pel Capitolo di Trento (doc. XXII-XXIX e XXXIII); suoi delegati sono Olurado di Preore, giudice per le quattro Pievi interiori, e Nascimbene di Castello notaio; nel 1296 (doc. XXXVI) Gualtiero di Taio, notaro, giudice nelle Giudicarie per Odorico Badeca di Trento, capitano delle Giudicarie pel duca Ottone; nel 1301 (doc. XXXVII) Nicolò di Spor, vicario nelle Pievi di Bono e di Condino per lo stesso Odorico; nel 1310 (doc. XLII-XLV) Tisone di Spor, vicario e giudice per i capitani delle Giudicarie Enrico magister curiae, Ulrico di Ragonia e Ulrico di Corredo; nel 1315 (doc. LI) e 1322 (doc. LIV e LV) Guallengo di Mantova, piovano di Marniga, vicario del Vescovo Enrico III; nel 1323 (doc. LVI), 1324 (doc. LVII) e 1325 (doc. LVIII) Geremia di Spor, vicario dello stesso Vescovo; nel 1327 (doc. LX-LXIl) Matteo de’ Gardelli di Trento, che si trova di nuovo nel 1337 (doc. LXV e LXYI, e nel 1341 e 1342 (doc. LXX e LXXI); nel 13.34 (doc. LXII) e nel 1336 (doc. XV) Morla o Morlino di Caldaro, e finalmente nel 1343 (doc. LXXII LXXII) il notaio Nicolò del fu ser Ribaldo di Riva.

  1. L’unico storico che ricordi questa sollevazione è, strano a dirsi, l’Anonimo Trentino, (Storia ms.) che scrive (libro III): «L’anno però 1335 ovviò (il Vescovo) per quanto potè alli popoli delle Giudicarie, quali sotto pretesto d’alcune difensioni, tentarono di sottrarsi dall’obbedienza, ma tali moti seppe ben presto acquietarli con la sua prudenza, perchè in breve svanirono questi suoi ribaldi pensieri ritornando al dovuto ossequio».