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delle pievi di bono e di condino nel trentino 11

di alcun vantaggio, se non forse quello che poteva venire loro dalla autorevolezza e dalla agiatezza.

Abbiamo detto che la feudalità non offese nelle nostre Valli l’indipendenza dei Comuni; tuttavia non si esclude con questo che nelle stesse Comunità, composte in grandissima maggioranza di uomini liberi, non vi fossero dei vassalli dei signori feudali. Il potere di questi però non dovette valere che sotto l’aspetto giuridico e politico, restando ai vassalli stessi piena libertà di esercitare i loro diritti cittadini nell’amministrazione interna delle cose del Comune. Così, quando nel 1273 gli uomini di Condino elessero a loro procuratore Odorico Pancera d’Arco per trattare di certe differenze col Comune di Brescia (doc. XVII), che aveva portato le armi contro la Pieve di Condino, la deliberazione fu presa a unanimità nel consiglio del Comune, ma vi si astennero espressamente i vassalli dei Signori di Lodrone, sia perchè Odorico in quel tempo non era forse in troppo accordo coi Lodroni, sia anche, e più, perchè per le vertenze politiche di quei vassalli dovevano provvedere i loro signori. E nel 1279 (doc. XIX) lo stesso Odorico, benchè avesse conchiuso la pace con le Pievi di Condino e di Bono e da ambe le parti vi fosse stata remis sione dei danni e delle offese, sentenziò e condannò vari uomini di Storo che avevano maltrattato alcuni suoi vassalli di Condino e di Castello, lasciando ragionevolmente credere che quegli Storesi fossero pure suoi vassalli e quindi esclusi dalla convenzione fatta Una investitura feudale abbiamo poi nell’anno 1257 (doc. XII), nella quale Riprando d’Arco concesse dei vassalli di Storo a Silvestro di Lodrone.

Il vassallaggio però non dovette durare troppo a lungo nelle due Pievi, trasformandosi, specialmente nella Pieve di Bono e nella parte di quella di Condino che non fu poi soggetta alla Contea di Lodrone, in una specie di contratti d’affittanza, con qualche vestigio e qualche parvenza di vincolo feudale. Lo studio di questo ci condurrebbe fuori dei limiti che ci siamo prefissi, giacchè si dovrebbe trattare specialmente di epoche posteriori a quelle di cui ci occupiamo; diremo qui solo che delle liberazioni che certamente in quelle Valli, come altrove, avvennero in quel tempo, non ci rimase il ricordo che di una sola, del 28 febbraio 1334, con la quale Guglielmo di Castel