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398 | aneddoti e varietà |
tale ahi! fera compagnia, gli avvocati), non si può dire che la pittura che egli fa dei Corsi sia troppo pessimista, sol che si pensi allo stato orrendo di miseria e di anarchia da cui doveva essere travagliata l’isola, e allo stato d’animo dello scrivente, che dalla pace della sua piccola Sarzana era stato gettato, contro ogni desiderio suo, in quel nido di contenzioni feroci. Uno spirito equo e sagace fa riconoscere chiaramente all’Ivani quante doti rare e preziose si celino nell’animo di genti rese selvatiche e fiere da una sequela non interrotta di oppressioni e di violenze senza nome; e nella giustezza appunto e nella acutezza delle osservazioni raccolte nei tre mesi vissuti nell’isola, sta il merito e il pregio di queste due lettere dell’Ivani.
Per quanto riguarda l’isola in sé stessa, nelle sue particolarità geografiche, nelle condizioni del suolo, nei prodotti, poco veramente è in essa di notevole: qualche dato sparso qua e là: un circuito di cinquecento miglia; un suolo montuoso la più parte, il resto piano e fertile assai solo che fosse meglio coltivato; prodotti, il frumento, l’orzo, il vino, l’olio, il lino, il miele, le castagne, i fichi, i limoni; prodotti animali, i pesci svariati e i greggi e gli armenti in gran numero.
La popolazione dipendente dall’ufficio dell’Ivani (forse la terra del Comune), è di trentamila anime e più; (mentre in quegli anni, se si potesse credere a una testimonianza spropositata di Pietro Cirneo, tutta l’isola avrebbe contenuto più di 400,000 abitanti). La divisione ecclesiastica è in sei vescovadi assai diversi tra loro per ricchezza e per importanza; in essi quattro sole città fortificate (il cronista Pietro ne registra parecchie più), pochi borghi riuniti, molte castella, molti villaggi e ville e poveri casolari sui monti; per tutto divise da profonde avversioni le varie classi della popolazione, nobili, caporali, clero e popolo. Lingua e modi di vita simili a quelli degli abitanti delle campagne e delle coste romane; (cosi il Gregorovius trova egli pure notevole somiglianza tra il parlare dei Corsi e quello dei Romani della citta, sopratutto del transtevere). I nobili, forti per le loro castella inespugnabili, prendon diletto del contendere senza posa tra loro, saccheggiando l’isola e tiranneggiando la popolazione inerme; i caporali si schierano con l’uno o con l’altro dei baroni e taglieggiano anch’essi la plebe; degli uni e degli altri, la vita è tutta in cavalcare, in trar d’arco in contendere fra sé e contro la cosa pubblica, in pugnare, in