Pagina:Aretino, Pietro – Il primo libro delle lettere, 1913 – BEIC 1733141.djvu/100

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r.xxvi A CESARE Lodi e ringraziamenti. Perché il bene, eccelso principe, concesso da Dio a noi, è mercé de la grazia sua e non premio de l’opre nostre, avendo Cesare tanto piú d’ogni altro uomo di divino quanto ha piú d’ogni altra persona di dominio, la cortesia, a me usata da la Sua Maestá, è tutta de la bontá di Quella e nulla del merito mio. Onde la ringrazio con il fervor de l’anima e non con l’ordine de le parole, rallegrandomi (si come anco fanno tutti i buoni e tutti i sani giudizi) de la incredibile generositá dimostra dal suo celeste animo ne l’andare e nel tornar di Francia; l’una e l’altra azzione degna di trionfo e d’istoria. Sopraumano è stato l’ardire del gran Carlo nel trapassare l’impossibili difíícultá, volando dentro ai termini dei campi inimici, dove non è mai comparso chi si vantò d’aspettarlo col ferro in mano. E perciò l’Altezza Vostra, quasi aquila altèra, che prima sosterria tutte le molestie de la fame che degnasse assalire i galli ascosi nei nidi loro, rivolgendo l’insegne altrove, ha tenuto a vile il contrastare con i monti e con i fiumi. E il non so che nato ne l’altrui menti, bontá del suo lodato ritrarsi, è uno accrescimento di gloria a la imperiai maestade. E cotal cagione si move da la immensa sua grandezza, perché sono talmente smisurati gli eterni fini de l’altre faccende sue, ed è si onnipotente la espettazione che de le sue faccende hanno le genti, che non solo gli par poco che, non abbiate vinto in un mese quel che a gran pena vinse il primo Cesare in molti anni; ma terrá di niun momento se, quando vi ci inviarete, non sogiogate in un tratto tutto l’Oriente, il cui acquisto vi ha interrotto l’invidia, che ce si è interposta, con danno e vergogna de la nostra religione. Ma, perché l’imprese che prendete sono interesse di Cristo, lasciatene la cura a la sua potenza, che ben trovará modi di finirle